Hanno cambiato l’assetto della propria formazione numerosissime volte, giungendo nel corso dei sette anni trascorsi in attività discografica sino alla produzione di ben sei dischi. Ed al perfezionamento del proprio stile. Gli Zao, fatti oramai su misura della mente del drummer Jesse Smith, si identificano nella sua figura e si mantengono coerenti nei confronti di sè stessi variando pochi elementi di disco in disco, e risultando sempre freschi ma riconducibili al proprio passato. Un’ evoluzione placida che, sinora, ha sempre giovato allo stato di salute della band. Questo, detto da me con la convinzione che la line-up corrente possa essere quella giusta: Smith è sempre lì, col suo drumming semplice, che non riesumerà mai i lodabili fasti del carioca Igor Cavalera, ma che trasuda efficacia per la mancanza di continui riferimenti autocelebrativi. Ed accanto a lui si ergono fiere due figure imponenti: Daniel Weyandt, un singer la cui ugola si presenta come anomala nei confronti dell’ Hardcore ma anche come quanto di più azzeccato si potesse pescare dal cilindro magico, a suon di riferimenti nei confronti dello screaming ovattato e tagliente dei Carcass, e di continui attacchi frontali. Poi, la scuola Metal si riversa ancora sugli Zao, macchiando il loro Hardcore con del Thrash americano di stampo puramente slayerano, la cui presentazione viene affidata alle due asce Scott Melinger e Russ Cogdell. Il puzzle è completo, la formazione interagisce con un perfezionismo innato fra i suoi componenti, e vi si aggiunge una produzione stupenda, anomala per i suoni di rullante mai troppo secchi e chiari, quanto per per la cangiante potenza dei bassi. “Parade of Chaos” è un disco continuamente in bilico fra l’ Hardcore possente dei Living sacrifice ed il Thrash slayerano, altresì volto a riferimenti Death in maniera recondita, talora puramente slayerano e con cenni naturalmente dedicati al corso post – “Divine intervention”. Ne esce un po’di tutto: innanzitutto la prova definitiva che l’ Hardcore può rivelarsi un genere non ripetitivo e unidirezionale, ivi momenti puramente atmosferici e gocciolanti di melodia come “Angel without wings” – ove l’ugola di Weyandt talvolta prende fiato e suscita passaggi referenziali nei confronti del moderno Crossover tutt’altro che accademici, ma pur sempre gradevoli nell’uso delle clean vocals – oppure passaggi dalla furia innata come quanto contenuto su alcune fasi di “Free the three” o dell’opener “The buzzing”. Un ottimo disco Hardcore, e nonostante siano al sesto disco, gli Zao sono ancora lì. In condizioni più che buone.