Woods of Belial – Deimos XIII

La Firebox ha indubbiamente fatto centro propinandoci la ruffiana miscela sonora proposta in “The morning never came” dagli Swallow the sun: una sorta di Doom Metal dalle venature nettamente riconducibili a quell’ Heavy Metal melodico tanto in voga in Scandinavia al giorno d’oggi, ma pur sempre di buonissima fattura, sebbene si trattasse di una “trovata” scarsamente coraggiosa, ed altamente derivativa. Stavolta, i giochi si fanno seri e la medesima etichetta riprova a fare centro con i finlandesi Woods of Belial. Ed il bis viene clamorosamente mancato. La spiegazione di questo mezzo flop è semplicissima: i Woods of Belial dimostrano in “Deimos XIII” di saper ottenere grandissimi risultati quando si cimentano nella composizione di cose semplici, e di risultare prolissi e scontati ogniqualvolta entrano in mezzo sperimentazioni più audaci, rischiose. Un esempio evidente di quanto da me descritto sopra è la song “Desolate”: dodici-tredici minuti di Doom/Death europeo misto a clichès tipici dell’ Industrial Metal, suoni metallici, tastiere e vocalizzi incomprensibili, non meno estremi e distorti di quelli dei grandi Evoken, ma sottomessi dagli strumenti per quel che riguarda la volumistica. Riff splendidi, percussioni del tutto azzeccate, elettronica usata a regola d’arte. Una canzone praticamente perfetta, nonostante la lunga durata. Cos’è che non va, allora? Il fatto è che le restanti quattro composizioni di “Deimos XIII” mettono da parte i riff Doom/Death di “Desolate”, direi più che appetibili per il pubblico Metal e non solo, in favore di una totale devozione nei confronti della componente atmosferica e del lato meno metallico del loro bagaglio stilistico. Che non a caso, è quello meno efficace. Un esempio da citare può essere il rumorismo che straripa in “Halla”, buono a sfociare in strutture prolisse, e incapace di proporre quei picchi emozionali che un disco come questo dovrebbe distribuire in maniera omogenea lungo tutte le sue tracce. Oppure i diciassette minuti di “The 13th horror”, incentrati perlopiù su 2-3 melodie ripetute in maniera ossessiva. Per essere sintetici: se i Woods of Belial avessero tenuto soltanto “Desolate” e riciclato 2-3 riff delle restanti composizioni in attesa di qualche altra idea ispirata, avrebbero fatto una miglior figura. Frettolosi, ma con buone idee di fondo che si spera il tempo possa far maturare al meglio…