Uno di norma pensa che il Doom sia un genere ultra depressivo, lento, cadenzato e perennemente triste… ma in realtà non è così, o meglio, non sempre. Quello che conta in molti dischi di questo genere è una sorta di afflato divino, un senso di una qualche illuminazione superiore, sia essa caratterizzata da un sentimento di misericordia, di pena o compassione. Nel caso dei While Heaven Wept, questa ispirazione divina si manifesta in un’ atmosfera paradisiaca, di calore e soddisfazione, espressi però con una calma e una rilassatezza che scaldano l’anima dolcemente. E questo è un po’ il leitmotiv dei primi tre pezzi di Of Empires Forlorn: il primo The Drowning Years inizia con qualche cadenzato riff classico e un suono di campane, poi si apre con riff molto epici e malinconici e a all’ improvviso si spalancano letteralmente le porte del Paradiso in una sorta di quello che musicalmente è un ‘canone’ (come ad esempio quello famosissimo di Pachelbel… cioè composizione in cui più voci ripetono a distanza di un certo intervallo di tempo la stessa linea melodica) tra il suono squillante della chitarra, l’accompagnamento di trombe e la voce e il giro molto dinamico di basso. La voce è pulita e squillante (niente rutti, growl o screaming quindi), e il suono delle note che escono dalla chitarra è preciso e vivace. Un pezzo da fuoriclasse! Of Empires Forlorn (la title-track) è una canzone molto ariosa cantata con un piglio quasi da vocalist new romantic, leggera pur nella durezza dei suoi riff si libra in alto libera come un viaggio tra le nuvole, mentre Voice In the Wind è un romanticissimo pezzo, l’ideale risoluzione del pezzo precedente, una canzone cullante e di tenue epicità trionfale. Immense e trionfali, seppur più riflessive e piene di misericordia anche le altre canzoni di questo disco, in una commistione perfetta (in produzione qua si sfiora la perfezione) tra synth e chitarre che creano un’atmosfera quasi sacrale, che pone l’ascoltatore a contatto con la pietà stessa di Dio. Forse la voce poteva essere migliore, manca un po’ di flessibilità e colore, ma non difetta certo di un qualche misterioso carisma nella sua semplicità senza troppi fronzoli. Da segnalare poi una bella cover direttamente dai Candlemass!!! Epistle N.81!!! Eseguita veramente bene, con suoni efficaci e una voce all’altezza (forse ha meno emozionalità e cupezza dell’originale, ma il cantante se la cava sicuramente). In conclusione un gran bell’album, che anche ascoltatori non abituati al Doom potranno gradire sicuramente… forse un album troppo corto, però. Un’ esperienza che merita un gran bel voto.