E’ difficile esplodere a livello internazionale, specie quando un paese come l’Ungheria ti impedisce di godere della luce dei riflettori, o quando nonostante la produzione di svariati full lenght ti ritrovi ancora a cavallo fra l’underground e la situazione di mito locale. I Wall of sleep sono attivi da molto, eppur si sentono afflitti dalla condizione di cui sopra: ungheresi, sotto contratto per Psychedoomelic, rinomati come la più celebrata formazione Doom del succitato paese d’origine. Per quanto quest’ ultima definizione possa risultare remunerativa, sia in termini di successo che di appagamento, i Wall of sleep non potranno mai rinnegare la consistenza dei propri lavori passati, capaci di formare i tasselli di un curriculum oramai nutrito sulla cima del quale si pone questo EP intitolato “Overlook the all”: premettendo che avrei preferito nettamente l’ascolto di un nuovo ellepì di inediti, “Overlook the all” si presenta come un riuscito mix fra i Cathedral più groovy e metallici (con riferimenti sia a “The ethereal mirror” che al più recente “Endtyme”) ed i Black Sabbath del primo periodo, aka la line-up capitanata da Ozzy Osbourne, rea di aver coniato nei 70’ies molti dei connotati che di lì a poco avrebbero dato origine alla forma più pura del Doom. Prende così forma il sound dei Wall of sleep, dall’incontro di queste due correnti e da una mistura di certi rami del Rock inglese che, francamente, non mancherà ugualmente di sorprendere in termini di efficacia: vuoi per la personalizzata cover di “The wizard” dei Black Sabbath – celebre brano presente nell’ omonimo debut album che Iommi e soci misero in circolazione trentatrè anni orsono (1970) – vuoi per come il quintetto rappresentato da Holdampf Gabor e compagnia bella riesce a passare con estrema duttilità dal Doom ferale ma diretto della title-track, cupa e travolgente, sino al groove straripante e cathedraliano di “Life lies low” od alla particolarisima struttura di “Hands of dust”, pezzo decadente e riflessivo il cui refrain apporta però non poca orecchiabilità al relativo scorrimento. Insomma, la frase conclusiva è la medesima utilizzata per gli americani Orodruin: Doom per le masse, ma stavolta dichiaratamente diretto e volto ad un pubblico realmente vasto. I figli di St. Vitus e The Obsessed potranno realmente passare oltre e chiudere un occhio, mentre per i fanatici dei Black Sabbath (era Ozzy) e dei Pentagram del primo periodo (debut e “Day of reckoning”) si tratterà di un’ occasione da non perdere in nessuna maniera.