Sono un’infinità le band death metal che ogni anno affiorano sulle scene mondiali, ma quante in realtà si distinguono per dischi che rimangano impressi e che non finiresti mai di ascoltare? Sicuramente si contano sulle dita. A far entrare di diritto i Visceral bleeding in questa categoria ci ha pensato il grandioso debut “Remnants of deprivation”, disco brutal death ‘spezzacollo’ dall’inizio alla fine, un concentrato di violenza che non può mancare nella collezione di ogni appassionato del genere. Con “Trascend into ferocity”, secondo lavoro per la giovanissima band svedese, la tempesta di due anni fa riprende vita e lo fa, se possibile, con maggior forza e spirito distruttivo. Il brutal sotto l’ala protettrice del Cannibal corpse style assume velocità pazzesche non lasciando il tempo di ragionare su ciò che si stia scatenando nel frattempo: parti di batteria intricate ad opera del mostruoso Tobias Persson spezzano con controtempi e tecnicismi il guitar-work mai banale o inefficace di Marcus Nilsson e Peter Persson (da notare che il cantante si chiama Karlsson di cognome… secondo me ci prendono per il culo…), così da creare una risultante dalle potenzialità inimmaginabili, una musica schizofrenica che non segue schemi né stereotipi. E tutto questo senza inventare nulla di nuovo. “Trascend into ferocity” infierisce senza perdersi in parti ambiziose alla Nile, i pezzi si succedono uno all’altro senza dilungarsi in smancerie inutili, colpiscono lasciando il segno e così come sono arrivati, in modo fulmineo, se ne vanno. La produzione non perfetta ma potente e con volumi ben equilibrati dà modo ai suoni di risultare veri e carnali anziché laccati come spesso accade, così anche l’aspetto tecnologico sembra arrendersi dinanzi alla furia (dis)umana dei cinque di Kalmar. Brani d’autore come “Fed to the gods”, “Indulge in self mutilation” e “Fury unleashed” (tanto per citarne qualcuno, dato che la lista di capolavori sarebbe ben più fornita) sono l’essenza di tecnica, velocità, maturità, cervello, violenza e rabbia uniti a definire una proposta assimilabile alla geniale follia di Decapitated e Monstrosity; e se il paragone sembra affrettato o esagerato mettete in conto che stiamo parlando di una formazione ancora agli inizi e con un futuro davanti tutto da scoprire. A mio avviso da affinare rimane ancora ben poco, i livelli di perfezione sono distanti solo per qualche canzone leggermente inferiore alle altre, cosa comunque più unica che rara anche in album di formazioni storiche. Sino ad ora su due full-lenght, due sono stati i miracoli: lasciatemi dunque sperare per il prossimo lavoro in un qualcosa di impeccabile, senza il minimo neo. Nell’attesa mi intrattengo a godere con “Trascend into ferocity”.