Piuttosto singolare la vicenda che ha coinvolto i Vast e il loro mentore, John Crosby, ventottenne californiano; il nostro ha abbandonato band, label e manager per ritirarsi sei mesi nel deserto del New Mexico, lontano dalla sua Los Angeles. Il qui presente Nude è quindi il risultato di questo semestre di riflessione o semplicemente di distacco dalla società di Crosby, che ha seguito la formula dell’one-man band per realizzare il disco. Il titolo, oltre a richiamare l’ album omonimo dei Camel del 1981, mostra un artista che si è spogliato delle maschere indossate nel passato e di per sé è sicuramente adatto a descrivere il CD; un CD che si snoda in dodici tracce (anche se la versione europea dovrebbe prevedere due song bonus) e in fin dei conti riesce ad essere piuttosto originale, malgrado una tracklist troppo discontinua. Ho appena menzionato quello che, a mio avviso, è il difetto fortemente penalizzante di Nude: una certa incoerenza tra le canzoni proposte, che produce un risultato non molto convincente. Il disco, si limitasse a cinque canzoni del lotto, sarebbe un piccolo capolavoro, ma ha altre sette cadute di stile che lo degradano ad un platter dalla sufficienza stiracchiata in pagella; gran peccato, forse dovuto alla fretta, forse all’indecisione. A salvarsi sono come detto, alcuni episodi, che probabilmente in un altro contesto avrebbero trionfato: vorrei citare soprattutto l’ eccellente ossimoro acustico di Desert Garden, dove la voce di Crosby suona piuttosto simile a quella di Yorke dei Radiohead (soprattutto per il tono malinconico e roco). L’ isolamento nel deserto ha portato il poli-strumentista statunitense a compiere un processo di maturazione indubbiamente positivo, ma come tutti i processi di questo genere richiede del tempo; il risultato allo stato attuale è troppo discontinuo per far gridare al miracolo, ma non è detto che in futuro Crosby possa stupirci ed entusiasmarci, come si dimostra in grado di fare a tratti con Nude.