Un disco molto atteso, questo “Revelations”. Chi voleva la band dei Vader sul punto di aggregarsi assieme alla grande triade del death metal – Morbid angel, Death, Carcass – , chi invece li ha sempre visti come degli Dei dell’underground death estremo. Fattostà che dei Vader se ne parla di continuo. Dopo una prova piuttosto scialba come quella di “Reign forever world”, disco valido in quanto a cover (Mayhem, Judas priest, Destruction) e pezzi dal vivo (“Creatures of light and darkness”, “Carnal”), ma inconsistente dal punto di vista dei tre pezzi inediti in esso inseriti, e dopo capolavori – meno recenti – come “Black to the blind” e “Litany”, i Vader sono finalmente tornati, all’insegna del medesimo e furioso drumming di Doc e delle validissime parti chitarristiche di Mauser. Nulla è cambiato, sotto il piano stilistico: il death metal è il medesimo: minima derivazione americana, sonorità già percorse dai polacchi Isolated, fraseggi tecnici, ottimo songwriting. Ad accompagnare tutto ciò, un drumming disumano e vocalizzi vagamente ricollegabili a quelli di Dismember. Ma i Vader, di presentazioni, non ne hanno bisogno. Le parti musicali sembrano leggermente più vicine a quelle di “Black to the blind”, rispetto a quelle degli ultimi due brutalissimi dischi: blast-beats più contenuti numericamente, un altissimo numero di partiture ritmiche di stampo thrash, ed un incremento dei riff tortuosi mid-tempos di scuola Morbid angel. Tuttavia, il disco non contiene grandi capolavori come lo erano stati, in passato, perle come “Carnal” o “Wings”: il disco è scorrevole, non noioso, ma ritengo che nessuna di queste tracce passerà alla storia, tenendo pur conto delle ottime “Epitaph” – “Torch of war” o dell’interessantissima enclosure offerta da “Revelation of Black Moses”, pezzo dalla durata di oltre sette minuti validissimo e contenente un guitar work da spavento.Un buon disco, non c’è che dire, ma i Vader sanno ceramente fare di meglio.