I Vader ci ricordano un po’ le nostre care nonne, che al termine di ogni pranzo non buttano mai via niente (perchè sprecare il cibo è un male), anzi ti ripropongono il piatto magari la sera stessa rivisitato attraverso un’ altra ricetta, tanto per fartelo gradire almeno un po’. Nel 2001 i Vader avevano fatto pressappoco questa cosa, peraltro assai poco gradevole e pacchiana: detto per inciso, Mauser e soci avevano fatto uscire “Reign forever world”, disco infarcito di cover, pezzi eseguiti dal vivo e qualche inedito (o meglio, scarto di “Litany”, appunto, il ‘pranzo precedente’) che, complice un livello qualitativo pietosamente basso in occasione di ogni nuovo brano, ci faceva pensare che si trattasse di scarti estratti dalle recording session del precedente “Litany” (un po’ la stessa cosa fatta dai Cannibal corpse di recente, abili nel ripescare gli scarti di “Gore obsessed” e nel riproporceli dentro all’ EP “Worm infested”, la cui tracklisting era stata poi completata da qualche cover). Poi, giusto il tempo necessario per rimettersi l’anima in pace, la band lancia sul mercato “Revelations”, forse uno dei suoi peggiori full lenght (e chi possiede “Black to the blind” e “De Profundis” e non ammira la band solo per il sopravvalutatissimo – ma pur sempre buono – “Litany” mi capirà): non passa molto tempo, ed eccoci al cospetto del nuovo EP, “Blood”, autentico trionfo dell’ inutilità. Sette pezzi, fra cui la cover di “Angel of Death” dei Thin Lizzy (una storpiatura palese come lo fu quella di “Rapid fire”, presente in “Reign forever world”). Sette episodi poco ispirati (di cui salvo giusto i primi due), violenti, maligni e suonati a regola d’arte da una band di professionisti che ha raggiunto l’apice della maturità da un bel po’ di anni, ma che purtroppo sta dando cenni di cedimento da quasi un lustro, a mio parere da quel “Litany” che, escluse tracce come “Wings” o “Xeper”, è in realtà un disco discontinuo e poco longevo. “Blood” è prodotto sulla falsariga delle ultime incisioni targate Vader, vede una formazione rinnovata dall’ innesto in line-up del bassista Novy, già da tempo compagno di alcuni membri dei Vader all’ interno del progetto Dies Irae ma in verità assai più conosciuto come il bassista dei Behemoth di Nergal. “Blood”, al contempo, si rivela anche una release inutile, maturata dalla voglia di sfruttare il nome dei Vader tanto insita e radicata nei progetti di Metal Blade che, francamente, ci sta un po’ stufando con queste uscite-filler. Cari Vader, che sia il caso di smetterla di credere di poter accecare qualcuno con questi miseri specchietti per le allodole?