Unchain – Unchain

In genere, molti dei dischi rock che mi capita di ascoltare, mi fanno venire letteralmente il volta stomaco, non perché non ami questo genere, assolutamente, ma perché quelli che solitamente si spacciano per gruppi rock in realtà non possono essere definiti tali, per tutta una serie di motivi che non sto qui ad elencarvi (per non annoiarvi). Il disco di debutto degli svizzeri Unchain, pur essendo piuttosto “radiofonico” e poco “selvaggio”, si presenta comunque con delle caratteristiche tali da poter soddisfare pienamente il pubblico rockettaro; innanzi tutto, i loro brani sono molto coinvolgenti e hanno una grossa forza trascinante da cui è difficile rimanere immuni e, inoltre, – cosa da non sottovalutare – sono interpretati da un buon cantante, Tom Fischer, che rappresenta la classica ciliegina sulla torta. Una torta semplice, gustosa, quella degli Unchain, fatta di pochi ingredienti: gli immancabili power chords, un riffaggio scarno, ma ispirato e dei ritornelli orecchiabilissimi. Unchain è stato prodotto da Achim Kohler (Primal Fear, Sinner) in Germania ed il risultato è soddisfacente, da questo punto di vista non rimarrete affatto delusi. Per quanto concerne il livello compositivo dell’ opera, direi che supera ampiamente la sufficienza, anche se ciò su cui vale la pena soffermarsi, probabilmente, è la capacità di questo quintetto svizzero di mantenere tale livello più o meno inalterato nelle varie composizioni, senza cioè alti e bassi. Secret Garden, Get It Live, Dark City sono tipici brani hard-rock eseguiti con passione dalla band e strutturalmente simili agli altri pezzi. L’ iniziale Can Stay In Hell è la canzone che più di tutte ha attirato la mia attenzione, mi ha folgorato fin dal primo momento che l’ ho ascoltata, grazie alla sua carica aggressiva e all’ ottima performance vocale di Fischer. Con Sabrina gli Unchain commettono a mio avviso l’errore di creare un chorus troooppo, ma troooppo radiofonico, per fortuna che si tratta di un caso isolato! Non che gli altri ritornelli non siano orecchiabili, ma questo è troppo ruffiano e sciocco. In mezzo a tutte queste sonorità hard rock, le note blues di Yesterday costituiscono una piacevole sorpresa per l’ascoltatore, che ha così modo di rilassarsi per gli oltre sei minuti di durata del brano, ed in generale, è quello che, con ogni probabilità, succederà a voi se deciderete di acquistare l’album.