Tutto ciò che va in coppia col termine Stoner è stato mescolato e gettato dentro, dagli Ugh!, a questo “Metaustrat”, disco che, più che tale, per la band si è rivelato un autentico martirio, in quanto oltre tre anni sono occorsi al trio di Monaco di Baviera per portarne a termine i lavori. E la press-bio, quel foglietto solitamente accompagnato ai dischi promozionali, spesso bestia nera per tutti – perchè sovente le ritroviamo zeppe di errori che poi vengono magari trascinati sugli articoli da chi scrive – stavolta parla chiaro. In sintesi: “non sappiamo come descrivere la nostra musica”, e di seguito una pletora di definizioni che però comodità accomunerò in una semplice e sola parola, Stoner Rock. Di qualsiasi tipo: blueseggiante, dal gusto sludgy o con forti tinte Punk sulle frequenti accelerazioni ritmiche, doomy e pachidermico, psichedelico e spaziale, con puntate nel Noise che non disturbano ma fungono da contorno alle spontanee e dirette linee strumentali imbastite dai tre, e tanto Heavy/Rock. Insomma, se proprio cerchiamo un denominatore comune, Stoner, perchè di esso, alla fine dei conti, si tratta. E la band spazia tanto ma sbaglia anche: il singer Sony, a tratti eccessivamente ritraibile nell’ intento di fare il verso a un John Garcia qualunque, sfoggia in definitiva quattro o cinque stili vocali diversi nell’arco di durata del lavoro, mantenendosi comunque su uno stile solitamente grezzo, sporco, contorto. Forse anche inefficace e poco personale. Nulla da dire alle linee strumentali, a tratti kyussiane, coadiuvate dalla presenza di fantastiche linee di chitarra influenzate dal Blues nel solismo e potenziate da distorsioni dinanzi alle quali è impossibile rimanere indifferenti. Però forse mancano i pezzi di spicco, ed ascoltare “Metaustrat” significa un po’ meravigliarsi di fronte a singoli passaggi strumentali ma non venire catturati dalle intere song, anche se per un soffio. Alcuni passaggi grunge-oriented contenuti in “Cubicle”, la rocciosità dell’opener “In Vain” e tanto altro ancora si rivelano elementi, o meglio episodi degni di salire in cattedra. Tuttavia, il disco nel complesso non decolla: rimandati, ma non per questo degni di un’insufficienza.