The sign – The second coming

C’era molta attesa intorno a questo secondo capitolo dei melodic rockers The Sign dopo l’ottimo debut album “Signs Of Life”, un esaltante concentrato di suoni melodici e pomposi uscito qualche anno fa, ma anche per il fatto che, dietro al monicker in oggetto, si cela una sorta di super band dell’ hard rock melodico, nella quale spiccano le figure carismatiche del tastierista Mark Mangold, del vocalist Terry Brock e del chitarrista dei Zebra, Randy Jackson. Le attese, è doveroso ammetterlo, sono state in parte “disattese”, in quanto “The Second Coming” non trasmette quella freschezza compositiva, nè vanta l’ ispirazione e la continuità del suo predecessore, alternando brani intrisi di classe cristallina ad altri di un’ impalpabilità disarmante, non certo degna della talentuosità della band americana. Sin dalle prime tracce del disco, “Stained (gone)” e “Motorcycle Messiah”, si intuisce che qualcosa non funziona nel motore dei The Sign, tanto che per registrare la prima impennata di qualità, bisogna arrivare alla sesta traccia, la dolcissima “Bliss”, ballad strumentale incentrata su una linea melodica di grande intensità, disegnata dalla chitarra di Randy Jackson, per proseguire con la radiofonica “If For One Moment”, il classico brano orecchiabile in stile Survivor. Questa alternanza di brani affascinanti con altri decisamente mediocri, è un po’ la caratteristica di “The Second Coming”, un album che delude in parte le aspettative e dal quale era lecito attendersi un tasso qualitativo più elevato, considerando lo spessore dei musicisti coinvolti.