Slumber – Fallout

Se uno stesse a leggere i fogli che mandano le label insieme ai dischi, esisterebbero solo capolavori. Riguardo agli Slumber il suddetto foglio, oltre a decantare le portentose doti della band, descrive per filo e per segno quali sono le influenze che hanno determinato il parto di un disco sì fondamentale: e i paragoni con Tiamat, Katatonia, Opeth, Therion, e chi più ne ha più ne metta, si sprecano. Dato che noi ci fidiamo, ma siamo curiosi, decidiamo di ascoltare il debut album di questi sei svedesi-prodigio. La dicitura “atmospherical metal” che campeggia sempre nel foglietto di cui sopra sembra abbastanza calzante, nonostante di per se dica tutto e nulla (della serie: Suicidal sono già i Sentenced, Dark è troppo generico, una delle definizioni classiche tipo death, black o thrash sarebbero delle bugie clamorose, per cui inventiamocene una passabile)… Ci si trova ad avere a che fare con un album dai toni oscuri e piuttosto depressi, con un riffing orientato sul pesante, in alcuni casi death-oriented, ma piuttosto vario e tendente al melodico in più di un frangente (e qui la definizione “gothic metal” non ci starebbe nemmeno malissimo), condito da un vocione growl piuttosto profondo e molto espressivo. Non ci ho sentito queste influenze determinanti dei Katatonia (a parte qualche raro caso), e nemmeno dei Therion… forse gli Opeth (gli Opeth più melodic, intendo) sono stati un pochino più determinanti nella scelta di alcuni passaggi, ma anche qui il plagio è abbastanza lontano. Tralasciando questi aspetti, devo dire che l’album, pur non brillando per l’originalità della proposta risulta piacevole, potremmo dire che “si lascia ascoltare”, non è troppo lungo (non arriva ai 40 minuti) ed vanta una ottima produzione. Non ci sono difetti che saltano all’ occhio (o meglio all’orecchio) immediatamente, tuttavia spesso si affaccia la sensazione di aver già sentito cinque minuti prima la stessa canzone, il che dopo qualche ascolto può scoraggiare non poco. A parte episodi particolarmente azzeccati, come la prima canzone, infatti la varietà tende a latitare, lasciano il posto a qualche irrefrenabile sbadiglio. Con questo non voglio dire che sia un disco noioso in toto: carino, ma non certo fondamentale.