Shining – IV The eerie cold

Il quarto full-lenght degli Shining giunge accompagnato da profondi cambiamenti nel sound di una band fino ad ora conosciuta unicamente per lo stretto legame con il depressive black minimale e concorde agli stilemi ‘imposti’ dal genere. Se a dettare il mutamento sia stata la voglia di evadere da un tipo di black divenuto quasi moda, la necessità di evolversi, i gusti ‘sperimentali anti-stereotipi’ di Hellhammer, esigenze di contratto o il non voler più essere limitati ad una ristretta cerchia di persone purtroppo non lo so, fatto sta che alle venature malinconiche e depressive si sommano riff doom talvolta banali e prolissi, maggior facilità di comprensione e parti di batteria aperte, dotate di groove e spesso sfocianti in virtuosismi tanto cari al famigerato drummer. E’ vero anche però che tutto ciò non è scaturito dal nulla, segni di voler ampliare le vedute si avvertirono già due anni fa con l’uscita di “Angst, självdestruktivitetens emissarie”; e comunque niente di male ci sarebbe in tali apporti se il risultato fosse soddisfacente anche solo un minimo confronto al secondo capitolo della formazione svedese, a mio avviso il migliore tra quelli finora rilasciati. Utilizzare i primi due minuti e mezzo del brano di apertura per sentire una voce che parla degli Shining e del loro nuovo album (almeno questo è quello che ho capito attraverso il mio scolastico inglese), inserire l’insostenibile title-track di sei minuti in cui compare un solo arpeggio per tutta la sua durata e intervallare buone trovate a riff insipidi sono il segnale che manchino le idee per proporre qualcosa all’altezza dei precedenti lavori. Sono comunque sicuro che “The eerie cold” soddisferà più di una persona in quanto di facile acquisizione, camaleontico per la semplicità nel passare da attimi depressivi ad altri più old style, e tutt’altro che restio ad inserire parti acustiche, frangenti narrati ed altre tecniche che lo vorrebbero far sembrare vario e maturo. E’ molto difficile dare un giudizio finale ad un album come questo proprio perché diverso da ciò a cui eravamo abituati in passato, la migliore cosa è senza dubbio un attento ascolto prima di buttarsi a capofitto su un monicker fino a poco tempo fa sinonimo di qualità ed ora – dal mio punto di vista – così ambiguo e ridimensionato.