Sheavy – Synchronized

Prendete un gruppo di musicisti, chiudeteli in una stanza per alcuni anni dando loro la possibilità di usufruire solo dell’ascolto dei primi dischi dei Black Sabbath. Per i marziani, i dischi con Ozzy Osbourne in formazione. Fateli uscire all’improvviso, date loro i vecchi strumenti, e fategli incidere un disco in studio. “Synchronized” degli Sheavy sarà il risultato che avrete ottenuto. Devo ammettere che “Celestial Hi-Fi” non mi aveva per nulla entusiasmato, quando Rise Above lo mise in commercio qualche anno fa: un Heavy-Rock tanto scorrevole da farti lasciare il disco nello scaffale dopo una manciata di ascolti, causa una scarsa longevità della quale il combo canadese risente tutt’oggi in misure tutt’altro che identiche. Ma soprattutto, un Heavy-Rock che tributa non poco i Black Sabbath, assai più maturo di quello presente nel debut “The electric sleep”, ma ancora da affinare. Steve Hennessey è la mela marcia ed allo stesso tempo il punto di forza indiscutibile di questo ensemble nord-americano: linee vocali pressochè identiche a quelle del MadMan anglosassone, altrettanto eclettiche e coinvolgenti, ma esageratamente debitrici nei riguardi di quanto fu inciso oltre trent’anni fa da Iommi e compagnia bella. Poi, la band si impunta su brani diretti ed assimilabili in men d’una manciata di passaggi: “Firebird 350” è un revival totalitario della musica dei primi Black Sabbath, “Last of the V8 interceptor” cattura e traina, la successiva “Next exit to Vertigo” associa una forte attitudine Punk a passaggi che (vedi cosa avviene poco prima dello scattare dei due minuti di durata) potrebbero essere stati tranquillamente composti per “Master of reality” e scartati dalla sua tracklisting! Ma il disco continua con una parata trionfale, pur lasciando non pochi dubbi al sottoscritto: “Part of the machine” è ipnotica e capace di creare un break nelle sulfuree atmosfere di “Synchronized”, la cui title-track, in arrivo subito dopo, presenta linee elettroniche contenute quanto ad importanza e strutture melodiche studiate a regola d’arte dai quattro musicisti canadesi. “Invasion of the micronauts”, il cui titolo certifica definitivamente l’ossessione del combo per lo Sci-Fi, propone linee di chitarra ritmica di derivazione Stoner per poi lasciar spazio alla veloce “Kill Queens go disco” ed alla evocativa “Ultraglide”. “Afx thrown for a loop”, rocciosa ed invadente come fosse una colonna sonora di un film degli eighties, da’ il passo a “Set phasers to stun” (un tributo nei confronti dei timori-tecnologici di Steven Casey, che scrisse una raccolta di racconti quasi omonima anni fa?) ed alla conclusiva “The time machine”, in cui un avvio doomeggiante da’ il testimone, in là, ad un Hard Rock di stampo quasi radiofonico, godibile e personale, ma non esente da richiami diretti al riff d’avvio del pezzo. Perchè una recensione track-by-track? Semplicemente perchè questo disco, nella sua integrità, rischierebbe di esser catalogato male da una descrizione scarsamente approfondita. Scorrendo fra i pezzi, i richiami ai Black Sabbath sono si palesi, ma esiste una differenza enorme fra i vari brani che non posso di certo trascurare in questa sede, fattore che si qualifica come il vero anti-debacle della situazione e che mi induce a classificare “Synchronized” come un lavoro tutt’altro che piatto, vario e capace di trasmettere tante sensazioni in un lotto unico che comprende ben undici tracce. Esame superato, ora dagli Sheavy mi aspetto la conferma definitiva, e ben venga la personalità.