Satariel – Phobos and Deimos

Hammerheart records: uno di quei nomi che passano sempre nelle retrovie, lasciando il podio a contendenti ben più ricchi ed ambiziosi come Nuclear blast o Metal blade. In mezzo a tutto ciò, però, la Hammerheart è anche una di quelle label che non mancano di regalarci sorprese incredibili. Una di queste sono i Satariel, band da non confondere coi Satarial, formazione russa operante su territori prettamente folk. I Satariel, provenienti dalla Svezia, presentano tuttavia una miscela esplosiva che, tutto sommato, è quanto di più distante da ciò che è in voga in tali territori. Le basi, infatti, pongono le proprie radici su di una sorta di death metal avantgardista, in quanto il death compare solo attraverso un continuo ma vago sentore, fra l’alternarsi di sonorità thrasheggianti e richiami forti ed espliciti allo swedish death (vedi “Greater than God”). Ad arricchire tutto ciò ci hanno pensato due fattori: il primo è l’uomo operante dietro alla produzione, ovvero Daniel Bergstrand, già produttore di alcuni dischi degli Strapping young lad; il secondo, invece, è la motivazione della scelta del suddetto personaggio, ovvero la voglia, mostrata dal gruppo nordico, di proporre qualcosa che venisse a posarsi in una posizione perfettamente bilanciata fra lo Swedish death sperimentale a’la Darkane (è presente di tutto, dai forti riferimenti thrash sino ai blast beat) e la musica proposta da Devin Townsend dal periodo “City” sino a quello di “Physicist”. Insomma, in definitiva, una boccata d’aria fresca che porta, dalla Svezia, sonorità innovative ed al passo con i tempi. Siamo in ogni modo completamente distanti dalle ruffiane sonorità commerciali messe in mostra in maniera gagliarda e rischiosa sugli ultimi dischi di Soilwork ed Hypocrisy. La sola”Stranger world” potrebbe convincervi all’acquisto del disco. Ottime, fra gli episodi meno originali, “The claim” e “Death come cover me”. Da avere.