Sadus + Darkane

Località: Sonar (Colle Val d’Elsa, Siena)

C’erano anche i Gory Blister per la cronaca, ma me li sono persi così come ancora non ho avuto il piacere di sentire il loro nuovo cd “Skymorphis”, uscito su Mascot. Così mi sono ritrovato per la prima volta nel piccolo e accogliente Sonar, una specie di Siddharta (R.I.P.) per chi frequenta i locali Rock toscani, con atrio Pub e atrio Headbanging come la tradizione vuole, e un palchettino un po’ piccolo che di certo non potrà facilmente ospitare eventi di maggior portata. I Darkane sono saliti sul palco così come li avevo lasciati a Milano qualche anno fa, in occasione del No Mercy festival: bulli svedesi che partono sparatissimi con la prima canzone, strappano più di qualche applauso, e al terzo brano te li guardi dall’ alto verso il basso poichè stai seduto sulle tue palle, divenute enormi, incontrollabili. “Layers of lies” sarà pure caruccio ma dal vivo, ‘sti qua cominciano a darmi svariati dubbi quanto a tenuta. Tutti io compreso, eravamo però lì per Mr. Steve Di Giorgio, a.k.a. Death, Testament e un centinaio d’altri gruppi. Di Giorgio, i Sadus li ha pressochè comandati. Una sorta di direttore d’orchestra diciamo, tantochè Darren Travis i pezzi li cantava, ma prima di lui c’era Steve Di Giorgio a parlare con la gente ed a presentarli… Il palco l’han tenuto bene in tre, compreso quel barilotto di muscoli a nome Jon Allen che ogni tanto s’alzava dal seggiolino della batteria spruzzando aminoacidi sotto forma gassosa dalle orecchie. Di Giorgio è sempre lo hippie delle photo session di “Individual thought patterns”, anzi diciamo che da allora s’è un po’ ripreso almeno sotto l’aspetto prettamente cannabis, ma potremmo ugualmente definirlo una sorta di Cliff Burton moderno (quanto si toccherà…), e la band nel complesso sembra non dare l’impressione dell’ ensemble di quarantenni lì giusto perchè ancora qualche soldo col Metal, spremendosi e spremendo la gente, riesci a farlo (purchè tu ti sia fatto un nome vent’anni fa). “Our for blood” viene tributato a dovere, splendida “In the name of…” dal vivo così come su traccia, e con “Sick” si tocca forse uno degli apici dello show intero. Spazio anche al vecchio, con “Facelift” e persino qualche ripescaggio dai primi due lavori, “Illusions” e “Swallowed in black”. Promossi a pieno, così come il piccolo Sonar per la resa -appunto- sonora e l’ospitalità.