I Polacchi Sacriversum hanno due particolarità: la prima è che fanno i dischi con i titoli stupidi, quello prima si chiamava Beckettia (cioè ‘basato’ in qualche maniera su Samuel Beckett… quello di Aspettando Godot, insomma), questo si chiama Mozartia. La seconda è che nei loro lavori la prima canzone è fenomenale, e successivamente l’ album cala un po’. E così se Beckettia aveva la brutalona e trascinante Waiting For Godot in apertura, Mozartia ha Born To Be The Best, un pezzo veramente molto pregevole, tra chitarroni e growl profondo e brutale, accompagnamento di piano e un sapore epico molto efficace, con la voce femminile e una chitarra squillante che intona assoli molto simili a quelli dei Queen (decisamente molto carini, il disco ne è pieno) e un ritornello trascinante. Anche la produzione è molto buona. Per la cronaca, il titolo Mozartia indica solo un legame puramente lirico (a livello di testi insomma) con la vita di Mozart, quindi non c’è di mezzo nessun ‘concept musicale’ e nessun richiamo alle note dei lavori più celebri del compositore austriaco (e questo è un vero peccato, sarebbe stato sicuramente un esperimento più interessante rielaborare i lavori del Genio piuttosto che cantare quattro cosette prese dalla biografia del musicista). Poi il disco perde un po’ d’ispirazione e immediatezza, perde un po’ di mordente e di personalità, anche se non è per nulla da buttare (anzi!). Assoli squillanti dal sapore classicheggiante, musica molto dinamica che a volte si concede al brutale (grazie al growl molto profondo di cui si parlava prima) e a sorpresine come lunghi excursus tecnici, cambi di tempo, ecc. Il disco scorre bene e grazie a synth non troppo intrusivi che si sposano bene col resto degli strumenti e ad assoli magari semplici ma di sicuro effetto, si riescono a creare canzoni metal a volte molto coinvolgenti e che sanno regalare sorprese inaspettate: come in Count Coloredo, dove la cantante segue un’ impostazione canora più rock e sporca (….anche se nel resto del disco canta mediamente, nulla di trascendente e senza mai assumere un’ impostazione da cantante lirica, sia chiaro… e direi che ci sta bene così) o nel pesante attacco di growl e chitarra di Lorenzo Da Ponte, o nell’ incedere deciso di Stanzerl, che culmina in un tripudio di synth (bravi, sono riusciti a non esser banali), o nell’ excursus avantgarde di Haffner in D. Il disco quindi è più che discreto e si lascia ascoltare, con quelle cinque canzoni carine e i suoi ritornelli orecchiabili può farvi passare momenti divertenti. Promossi.