I Sacred Sin sono un’ affiatata e quanto mai valida formazione portoghese che compie con ‘Hekatòn’ il secondo passo della propria discografia. Pur trattandosi di un’ entità giovane, l’esperienza immagazzinata dalla band negli anni di militanza nella scena underground si sente eccome. ‘Hekatòn’ infatti è un disco senza alcun dubbio maturo, per certi versi molto interessante, e può vantare momenti davvero esaltanti mescolati ad altri più semplicemente discreti. Il genere proposto è un death metal di pregevole foggiatura, che si cimenta sì nel ricalcare gli stilemi classici, ma dimostra anche di sapersi elevare con disinvoltura al di sopra degli stereotipi, proponendone una versione arricchita e personalizzata. La base da cui inequivocabilmente partono i Sacred Sin porta il marchio indelebile dei Morbid Angel. L’ ossatura di ‘Hekatòn’ difatti lascia trapelare con trasparenza un amore incondizionato per la formazione di Trey Azaghtoth: l’eco di ‘Blessed Are The Sick’ (su tutti) è a dir poco prepotente, e in alcuni frangenti l’influenza si fa quasi citazione (ad esempio un riff dell’ opener è preso di peso da ‘Immortal Rites’). Ma questo non è un problema, visto che i portoghesi ci sanno fare e sfornano brani davvero godibili e ben costruiti, e riescono comunque a catturare l’attenzione anche con farina del proprio sacco. L’elemento più interessante del platter infatti è proprio il fattore ‘innovativo’, che si traduce in un intelligente ed efficace uso delle tastiere. Viene in mente l’ultimo osannato parto dei Nile e la sua attitudine particolare nata proprio dall’uso inedito delle tastiere. E il paragone ci sta tutto, anche se i Sacred Sin sterzano maggiormente sul melodico, aggiungendo alle sottolineature sinfoniche delle keyboard anche frequenti assoli non troppo lontani dai lidi classic-metal. Un appunto va alla sporadiche intromissioni di voce femminile, che, acuta e operistica, rischia in un contesto simile di scadere nel pacchiano. Ma per il resto ‘Hekatòn’ è un esperimento riuscito e godibile, nonché ricco di contenuti e piacevolmente variegato (cosa non scontata in ambito death), che spero guadagnerà ai Sacred Sin l’attenzione e il rispetto che meritano.