Innanzitutto, chi sono: Rosae Crucis, band italiana al debutto. In circolazione dal 1997, due demo all’attivo il cui secondo, “Faith Power Revenge”, ha fatto il cosiddetto “botto” tra gli addetti (e non) ai lavori, riuscendo a far guadagnare ai nostri un contratto presso l’attiva label discografica nostrana, Scarlet records. Quest’estate (se non vado errato) sono riusciti a coronare un loro piccolo grande sogno: suonare sullo stesso palco dei Manilla Road. In secondo luogo, lo stile musicale: metal, di quello verace o, come dicono loro, “True”. Sulle orme di Manowar (ma va?…), Helloween (i primissimi, con alla voce Kai Hansen), Grave Digger, Running Wild, Blind Guardian, Virgin Steele, Warlord, Manilla Road… e non serve continui a tirare fuori nomi, che tanto avete capito. In terzo luogo, il disco: “Worms Of The Earth”, concept album basato sulle vicende di Bran McMoorn, re di Caledonia, nella sua eterna lotta contro l’impero romano. Bran, per cercare di sconfiggere Roma, risveglia antichi vermi giganti che vivono sotto terra (gli esseri che danno il nome al disco). Per coloro che si prendono bene non appena si parla di certe cose, cito la biografia: “Una storia piena di sangue, acciaio e magia!”, e poi, per concludere in bellezza: “Death to False Metal!” (alè…). Infine, il mio giudizio: per gli amanti del metal più epicheggiante, “Worms…” è un must. Questo debut dei Rosae Crucis è davvero Heavy, epico, teatrale, suonato col cuore (…si sente), e se possibile prodotto ancor meglio grazie al lavoro in sala regia di Giuseppe Orlando dei Novembre, in questa occasione anche guest-drummer. Lo stile l’ho descritto grossolanamente più su, citando alcuni dei nomi che potrebbero venire mente all’ascolto di “Worms Of The Earth”, ma non si tema un disco-clone, perché i Rosae Crucis riescono a miscelare le loro diverse influenze, ottenendo un mix non troppo originale ma personale e piuttosto efficace. I pezzi migliori? Per il sottoscritto “Gates Of Abominium”, e “The Witch” – le cui atmosfere introduttive sono accostabili a quelle di un disco come “Heart Of Darkness” dei Grave Digger, per poi esplodere in un bel epic-oriented (volendo restare in casa Grave Digger, chiamiamo in causa “Tunes Of War” con le dovute cautele e proporzioni). Molto buone anche “The Justice Of Roma” (con tanto di furiosi blast-beat) e la title track (devastante…). Disco che si dimostra un ottimo acquisto per tutti gli amanti del genere. Chi invece di muscoli e acciaio s’è stancato, e non gliene può fregare di meno sia di Bran Mac Morn, che di ciò che succedeva in Caledonia, può tranquillamente passare oltre.