Rain – Headshaker

Eccoci giunti a recensire una band che dovrebbe dire molto agli amanti della scena underground degli anni ’80: I Rain. Di sicuro il nome dei bolognesi non giunge affatto nuovo a chi nei pieni eighties indossava il chiodo anche d’estate e cantava a squarciagola canzoni degli Iron Maiden e dei famosi nostrani Vanadium, di sicuro costoro non potranno che rimarcare il fatto che ben 23 anni di militanza e d’esperienza per la band fondata da Lucio Tattini e Gianni Musso sono veramente tanti, ma che la ‘veneranda età’ dei Rain non influisce assolutamente sulla cattiveria e sulla grinta della loro musica. Anche ai più giovani la combo emiliana dovrebbe dire qualcosa: innanzitutto l’uscita prima del qui recensito Headshaker, Bigditch 4707, suscitò ottime reazioni da parte delle webzine e delle riviste musicali del genere; in aggiunta a ciò i Rain tra il 2001 e il 2002 fecero da band di supporto alle date italiane del loro contemporaneo ma più famoso Paul Di’Anno. La caratteristica purtroppo tipica dei bolognesi era costituita dai frequenti cambi di line-up; fortunatamente, al giorno d’oggi la line-up sembra stabile, affiatata ed è così delineata: Alessandro ‘Tronco’ Tronconi alla voce, Luciano ‘Lucio’ Tattini e Alessio ‘Amos’ Amorati alla chitarra, Gianni ‘Gino’ Zenari alle quattro corde, Andrea ‘Mario’ Baldi dietro le pelli, con l’aggiunta di Jacopo ‘Jak’ Ghisolfi che si è occupato dei testi delle canzoni e della grafica in generale. Dal punto di vista del mixing e della produzione nulla da dire, l’esperienza si fa sentire e tutti gli strumenti hanno il loro ruolo ben delineato, il suono è decisamente pulito ma nel contempo graffiante e grintoso. Proprio la grinta appare essere la caratteristica primaria di questo Headshaker: non c’e’ un riff, un assolo o un acuto di Tronco che risultino opachi o poco potenti, il disco inizia con forza e prepotenza, finisce con forza e prepotenza; difficile quindi rilevare episodi negativi in un album estremamente compatto, granitico quanto i muscoli di Conan il barbaro, tagliente e graffiante quanto basta a battere la concorrenza in ambito heavy-power. Il disco si apre con la title-track Headshaker, belli l’intro affidato alla batteria, il riff portante e i grandiosi acuti di Tronco, le successive tracce sono piuttosto brevi e molto dirette, sempre molto azzeccato il sound delle chitarre, pulito quanto basta per farsi apprezzare al meglio. Ottima la quarta track, Face the Blizzard, con un ritornello decisamente epico e coinvolgente, uno di quei ritornelli che entrano immediatamente nella testa e sono difficili da allontanare. Notevole anche la successiva Viking, anch’essa caratterizzata da toni power piuttosto marcati e dai soliti, ottimi riffs sfornati dal duo Tattini-Amorati. Ultra-aggressivo il riff portante di Blood Sport, che funge da preludio ad un eccellente acuto di Tronconi, il resto della canzone poi procede con grande grinta come del resto (e come ho già detto più volte) l’intero cd; molto accattivante il rock ‘n’ roll di Yellow Putrefaction, un Chuck Berry in versione heavy e col giubbotto di pelle. Ottime anche le seguenti Energy, Only Your Dreams e Serial Killer; bello l’omaggio per tutti coloro che hanno sostenuto le sorti dei nostrani Rain in questo anno, costituito dalla conclusiva Only for the Rain Crew. Da segnalare nella versione a me giunta di questo promo un’ottima sezione multimediale, fornita di biografia, foto, mp3 tratti dai concerti o da interviste, e una conveniente sezione merchandise (dove potrete trovare tra l’altro anche i plettri griffati Rain). Insomma: con Headshaker gli emiliani hanno fatto le cose decisamente in grande, ottima la proposta musicale in sé, ottima la presentazione e la promozione del disco; se siete appassionati del vecchio, grintoso heavy sound degli anni ’80-’90, non lasciatevi sfuggire assolutamente questo cd quando uscirà nei negozi, dal momento che è una piccola perla in grado di, mi si conceda il termine, spaccare il culo ai passeri! Piuttosto che su nomi famosi in ambito power-heavy della scena internazionale vi consiglierei vivamente di puntare sui Rain, che saranno si meno conosciuti di altri, ma in quanto a storia, esperienza e grinta possono benissimo rivaleggiare con cugini più ricchi. Per concludere, vi lascio alle parole della title-track: Hear the sound, that fucking guitar sound / You know, you can’t mistake, the sound of Rain!