Queensryche – Tribe

Se “Hear in the New Frontiers” aveva deluso e”Q2K” non aveva convinto tutti, “Tribe”, l’ultima fatica del combo di Seattle, avrebbe potuto rivelarsi come il disco della rivincita o del definitivo affossamento. Rivincita è stata, è e sarà. Almeno per il sottoscritto. “Tribe” è un disco indubbiamente dei Queensryche, con tutti gli ingredienti che differenziano i Nostri da tutti gli altri. C’è classe strumentale, compositiva, c’è Geoff Tate che ci regala un’altra interpretazione delle sue, sigillata da un instant classic come “Rythm Of Hope”, e c’è una band che è tornata (almeno nelle foto di promozione per il disco…) quella storica con Chris De Garmo alla chitarra (il quale ha però limitato il suo apporto soltanto a poche tracce che purtroppo non sono in grado di segnalarvi). “Tribe” è un disco orgogliosamente figlio di “Promised Land”, forse potrebbe essere visto come il disco che poteva essere pubblicato al posto di “Hear In The New Frontier” – o almeno quello che tutti ci saremmo augurati e aspettati. Diretta progenie non solo per lo stile proposto, un Heavy rock elegante, ricercato e ottimamente prodotto, né solo per il sassofono straniante di “The Art Of Life” (come già fu per “Promised Land” la canzone), ma anche per l’atmosfera, l’attitudine e l’ispirazione che si scorgono più o meno in lontananza lungo queste 10 tracce. Oggi però i Queensryche danno alle stampe un album che sa offrire anche momenti meno complessi e introspettivi, i quali, purtroppo, seppur buoni sono anche i momenti che meno convincono del disco (a parte la buona “Open”, “Doin’ Fine” è gradevole ma nulla più e “Losing Myself” ha veramente poco da dire). “Tribe” è un disco indubitabilmente del 2003. E’ moderno, al passo coi tempi, è la dimostrazione di quanto i Nostri sappiano stare attenti a ciò che gira loro attorno pur non confondendosi con carozzoni trendaioli che vanno e vengono nel giro di pochi anni, cambiano, ma che se li guardi bene sono poi sempre gli stessi. “Blood”, “The Art Of Life” e la stessa title-track, con i loro sample, i loro riferimenti ai Tool, al Hard ‘n’ Heavy contemporaneo d’oltreoceano e più timidamente all’industrial, sono qui a dimostrarlo. “Tribe” afferma con sicurezza che la band è tornata e non è ancora intenzionata a vivere soltanto del/nel ricordo dei fasti che furono: ha voglia di camminare ancora, sulla propria strada, certo, anche se le vette di un tempo rimarranno, come sono tuttora, insuperate. I Queensryche non hanno ancora gettato la spugna – c’ era chi iniziava ad avere il dubbio.