I Prophetic Age sono un quintetto brasiliano (di San Paolo precisamente), e si presentano sulla scena con questo “Forged In The Blackest Of Metals” che è il loro debut. Precedentemente avevano sfornato la demo “On The Way Of Eternity”, che a detta della biografia ha avuto un eccellente riscontro. E alla fine dei conti non gli si può dare torto, dato che chi cerca sonorità Black Metal sinfoniche, epiche e maestose, troverà in questo gruppo dei discreti interpeti del genere. Le canzoni sono sorrette dal solito cantato in screaming e si snodano, come il genere continua imperterrito a mostrare, attraverso molti cambi di tempo, un songwriting relativamente complesso e arrangiamenti molto curati e ben lontani dalla minimalità del filone underground. Sono presenti le tastiere con un ruolo del tutto non secondario, a volte interessanti a volte ingombranti di certo il gruppo non ne risparmia l’uso e forse si poteva fare una scelta più attenta per i suoni e per certi passaggi troppo “virtuosistici”. Altro difetto è il volume di batteria che mette questo strumento troppo in risalto e in certi frangenti tende a coprire le atmosfere create dal resto del gruppo. Dal punto di vista compositivo i brasiliani mostrano una buona maturità, ma anche una certa pochezza nel cercare qualcosa di veramente innovativo. Vero che si tratta del primo album, ma far uscire un prodotto che non ha niente che lo elevi o lo distingua dalla media non è la cosa che ci si auspica da gente che voglia continuare la propria carriera. Come detto sopra è un disco da consigliare agli amanti del Black Metal epicheggiante e sinfonico. Gli altri, nonostante dei buoni spunti e un riffing costantemente di buona fattura, si ritroveranno di fronte un lotto di canzoni che si lasciano ascoltare, ma che meritano attenzione solo a tratti.