Pallas – The dreams of men

Gli scozzesi Pallas tornano a solcare i lidi progressive, forti di una carriera spesso sottovalutata ma indubbiamente degna di nota nel panorama del new prog e di un assenza dagli studi che risale a quasi cinque anni fa. I britannici erano attesi a “rinverdire i fasti della tradizione”, dato che i rappresentanti del genere si assottigliano e i dischi sono sempre più rari. L’album qui presente potrebbe tranquillamente obbedire al comandamento, se non che la band ha forse tralasciato un fattore importante: LA NOIA. Inutile girare attorno all’ostacolo: The Dreams of Men è un autentico mattone, impossibile da digerire, piatto, autenticamente soporifero. So bene che I NOSTRI AMICI pronti a tessere le lodi ogni volta che una canzone supera i 10 minuti e annovera orchestrazioni a go-go saranno inorriditi dalla frase scritta poco fa, ma non mi preoccupo più di tanto. Purtroppo i Pallas hanno puntato esclusivamente sulla complessità della struttura musicale, senza renderla minimamente appetibile. La classe raffinata dei britannici è andata oltre e vuoi per un eccesso di virtuosismo, vuoi per una scarsa ispirazione, il prodotto è assolutamente da cestinare. Un vero peccato, dato che dai Pallas mi sarei aspettato qualcosa di unico, o comunque degno di nota; la band alla fine non mi aveva mai deluso prima d’ora, ma questa volta lo choc è stato piuttosto pesante. Talvolta la sensazione può fare capolino ai primi ascolti e svanire completamente ai successivi: in questo caso la connotazione fortemente negativa non è sparita, ma si è accentuata. Delusione totale.