Pain of Salvation – Intervista a Daniel Gildenlow (vocals/guitars)

Possiedo tutti gli album dei Pain of Salvation – live escluso – ma non posso ritenermi a tutti gli effetti un loro “fan”. Tuttavia quella realizzata al telefono con Daniel Gildenlow, posso considerarla una fra le più piacevoli interviste che il sottoscritto ha avuto su MetalManiacs dal 2001 ad oggi. E non perchè quel giorno mi girasse tutto bene o perchè fossi di ottimo umore: semplicemente, Daniel si è rivelato, oltre che una persona disponibile, un individuo estremamente aperto e simpatico. In poche parole, da clonare!

Intervista a cura di: Marco “Dark Mayhem” Belardi

Cominciamo col vostro DVD, perchè così tardi?
Non ci andava, tutti con questi DVD, la solita storia… Ahahahah! Beh, abbiamo avuto dei problemi, sembravano non finire mai… avevamo una gran voglia di proporlo ai nostri fan ma sembrava un’ operazione maledetta. Ora abbiamo una release date ufficiale fissata per la fine di marzo e speriamo di non avere altre sorprese. C’è da essere ottimisti, almeno stavolta.
Ho letto in un’ intervista che “Be”, come concept, nasce in realtà un sacco di anni fa. Come album però è nato soltanto da poco, qualcosa quadra poco… no?
Non credere che ci mancasse l’ispirazione. Sai quando è nata l’idea di “Be”? Nel 1996! Avevo dei progetti, dei testi scritti, eppure da allora è uscita tutta la nostra attuale discografia eccetto “Be”. Non sono mai riuscito a pensarci seriamente fino a poco tempo fa, e il bello è che adesso, che sembrava imminente la realizzazione della seconda parte di “The perfect element”, è stato rimandato proprio quel progetto e ripescato quello di “Be”… era il momento giusto, me lo sentivo. Così ne abbiamo approfittato, ho studiato un altro po’ e la composizione è venuta di seguito, anche piuttosto spontanea e veloce nonostante la complessità dell’ opera.
E di “The perfect element part. II” cosa ne sarà?
Un album, ovviamente. Ma non chiedetecelo ora! Dopo “Remedy lane” sembrava scontata la sua realizzazione, ma ammetto che sia troppo presto per poterne parlare seriamente. Tuttavia ho scritto molti testi e persino qualche partitura. Poi magari mi smentisco e la inserisco nel nuovo album dei Pain of Salvation, che al 100% sarà tutto fuorchè la seconda parte di “The perfect element”. Un bel problema, eh?
“Be” com’è andato nel vostro paese?
Non ne ho idea! Cioè, ho ricevuto buone risposte dai fan, da parte della critica, ma se devo essere sincero con te non ho avuto il tempo di star dietro a tutte queste cose. Alla promozione pensa l’etichetta, ci pensano le case di distribuzione e tutto il resto. Io però certe cose sono solito seguirle, ma in questo periodo ho avuto dei… problemi. Di tempo, naturalmente. Le recensioni che ho letto mi hanno lasciato soddisfatto ma fanno talvolta capire anche che “Be” ha spiazzato non poche persone… e lo considero un successo. Non è facile oggigiorno nella musica riuscire a sorprendere qualcuno, ciò che esce solitamente è molto prevedibile.
Solitamente i concept album parlano coi testi regolari, col cantato. Voi avete aggiunto un sacco di parlato dentro al quale le canzoni sono come “disperse”. Perchè questa scelta?
Mi sorprende questa parola: “disperse”! Effettivamente è come se fossero “immerse” in un contesto, e lo sono, come se si trattasse di un libro suddiviso in capitoli. E abbiamo voluto introdurre quei capitoli, o magari inframezzarli, con qualcosa che spiegasse il concept a chi ci ascolta. Per rendere più di primo piano il concept, diciamo. Spesso si bada alla musica e si tralascia tutto il lavoro che c’è dietro alle lyrics. Facendo così, abbiamo posto le lyrics in primo piano, ponendo l’ascoltatore davanti agli argomenti trattati, la natura dell’ uomo, il suo sviluppo, la sua Genesi ma anche la sua attualità. Per tagliare corto però potrei anche farla più semplice e dirti che abbiamo usato le parti “parlate” semplicemente perchè ci piacevano: e sarebbe un’ altra verità…
Parti parlate, canzoni, tante tracce. “Be” nasce e lo fa come un album che dura 75 minuti. Avete mai pensato di ridurne la durata complessiva?
No, mai, perchè si sviluppa in quella durata con naturalezza. Mi spiego meglio, “Be” è un concept di 75 minuti perchè tutto ciò che volevamo dire ci costringeva a realizzarlo così. Potevamo tagliarlo in due, fare uscire dieci cd distinti ma non avrebbe avuto senso ridurlo, segmentarlo o lavorarci sopra diversamente. “Be” è unico e deve nascere così. Non programmiamo mai la durata dei nostri album, essi nascono come devono nascere, non ci sono modifiche o tagli perchè così facendo li peggioreremmo e basta. Modificheremmo le nostre idee, e ciò non ci va di farlo.
Passiamo alla band: solo Daniel Magdic ha dovuto lasciarla dopo la release di “Entropia”. Qual’è il segreto di una line-up così stabile? …se domani butti fuori qualcuno non è colpa mia, naturalmente.
Ahahahaha! Beh, la line-up è stabile perchè è accaduto che a livello di ideologie, gusti e personalità si sono ritrovati insieme individui capaci di andare avanti per anni. Può essere una coincidenza ma può anche non esserlo. Non so’ risponderti con precisione, semplicemente i Pain of Salvation si sono formati, e sono andati avanti cambiando identità una sola volta, appunto riguardando Daniel. Domani però me ne vado io, oppure chi lo sa, ci sciogliamo (ride n.d.a.)…
C’è chi dice, e fra questi mi inserisco, che “The perfect element” e “Remedy lane” siano i dischi più “facili” da ascoltare fra quelli sinora da voi composti. Concordi?
Non so’ cosa tu intenda per “facili”. Ma credo di averlo intuito. So’ innanzitutto dirti che non si è trattato di una decisione premeditata: i nostri dischi nascono spontanei e mai a tavolino, cosicchè mai è venuta fuori l’idea di semplificare la struttura musicale della band e di tirare fuori qualcosa di facilmente assimilabile da chi ci ascolta. Con naturalezza però è successo, così quando è uscito “The perfect element” si è creato un perfetto esempio di Prog Metal moderno, attuale, e con “Remedy lane” un qualcosa che effettivamente è piaciuto un po’ a tutti i fan senza troppi patemi, e senza che il disco lo si dovesse ascoltare e riascoltare cento volte prima di capirci qualcosa! Anche se sono dell’ idea che persino i nostri album più “complicati”, abbiano tante chances di piacere fin da subito. Credo dipenda più dall’ approccio dell’ ascoltatore verso il prodotto, che dal disco in sè. Magari certe sfaccettature, particolarità, le noti avanti nel tempo. Ma il disco resta il solito, no? Comunque concordo, indubbiamente quei due album che hai nominato sono i più “diretti” e assimilabili della nostra discografia. Solo che in futuro non so’ cosa faremo… come hai notato, dopo quei due album “facili”, è uscito “Be” che è tutt’altro che un “logico” e naturale successore di “Remedy lane”!
Avete fatto uscire persino un live album, “12:5”, dimenticandovi totalmente di “One hour by the concrete lake”… perchè?
Ahahahaha! Mi viene da ridere perchè me lo hanno fatto notare in molti… la prima volta fu sorprendente: ero al telefono con un tuo collega estero e questi mi disse la stessa cosa. Non gli andava bene l’esclusione di “One hour by the concrete lake” dalla setlist del live, e ti giuro, gli dissi “controlla bene, c’è sicuramente qualche pezzo di quel disco”. Lui mi fece notare che mi sbagliavo, e così era! Non abbiamo pianificato la setlist di quel live album cercando di selezionare il meglio di ciascun album, il problema è che era sicuramente nelle nostre intenzione citare pure “One hour by the concrete lake”, e ce ne siamo… dimenticati! Prometto che ad aprile a Milano non lo faremo, certo, ma ora non aspettarti che quel disco venga suonato da cima a fondo…
Mettiamo un attimo da parte i Pain of Salvation e passiamo alla Svezia. Sei svedese e sicuramente hai un punto di vista migliore del mio per giudicare come stanno andando le cose dalle vostre parti, soprattutto in riferimento al trend del Melodic Death…
Non saprei (ride n.d.a.)… Mi credi se ti dico che al 100% ne so meno di te? E’ esattamente così, non riesco a seguire la musica che mi interessa, figuriamoci il Melodic Death. Non sono interessatissimo in quel tipo di cose, a differenza delle principali etichette europee. Tu cosa mi dici?
Che se vi mettete a suonare Thrash Metal e usate il growl alternandolo al pulito nei ritornelli, domani vi troverete nella sede di Nuclear Blast a firmare un contratto…
Proviamo subito (ride n.d.a.)! Effettivamente hai ragione, ti vedo piuttosto contrariato nei confronti di questa corrente ma ti capisco anche… ogni trend ha un suo tempo, in ogni momento c’è uno stile di Rock, o meglio ancora Metal, che viene più criticato di altri ma alla fine quasi sempre è quello che vende di più. Il Melodic Death appartiene al presente come il Power Metal degli Stratovarius apparteneva alla seconda metà degli anni novanta, concordi? Domani chissà a cosa toccherà, sono già curioso (e qui ci dilunghiamo un po’ sull’ argomento… n.d.a.).
Voi avete iniziato su Inside Out e tutt’ora registrate per quella label. Un tuo giudizio?
Non vorrei essere scontato ma si tratta del meglio che l’ Europa possa offrire ad una Prog Metal band. Con tutti i pregi e i difetti del caso, considerando che non ci sono molte altre etichette di spessore specializzate nel Prog Metal che suoniamo noi o altre band. Parlo dell’ Europa naturalmente. Ringrazio comunque l’etichetta perchè a tutti gli effetti, se oggi veniamo considerati una delle migliori realtà Prog Metal al mondo, parte del merito non è nostro ma suo.
Quali sue band apprezzi di più? Hai sentito il nuovo Spock’s Beard?
No, non ho avuto il tempo di sentirlo. Mi trovi veramente disinformato oggi! A dirti il vero non sono un grande appassionato della cosiddetta “scena”, così le uscite più recenti spesso me le perdo e quando mi chiedono qualcosa a riguardo, rimango ammutolito e ci rido sopra.
Domanda dolorosa: hai mai portato a termine un’ intervista senza che venisse fatto il nome dei Dream Theater?
Qualche volta miracolosamente sì.
Ti piacerebbe quindi che non ti chiedessi nulla su di loro…
Chiedi pure…
Te la sei cercata (risate n.d.a.)… Un sacco di loro fan li vedono in stato di crisi, accusandoli di seguire troppi side-project e collaborazioni, che agirebbero come una distrazione in maniera molto negativa sulle idee e sull’ ispirazione. La tua opinione a riguardo?
Me lo chiedi proprio quando sta per uscire il nuovo disco solista di LaBrie. Effettivamente, se la voce gli fosse arrivata, immagino l’abbiano considerata un po’ poco. Ma la considero poco anch’io, sai? Non credo si possa parlare di crisi, è crisi se un disco vende poco e sebbene non abbia dati alla mano, dubito che “Train of thought” sia un disco “da crisi” sotto quell’ aspetto. La cosa cambia se analizziamo la risposta dei fan. Se una persona dice che le canzoni sono brutte, poco ispirate, composte in fretta a causa di tutti quei side-project, per quanto si possano considerare side-project trovate interessanti come il Liquid Tension Experiment, ti dico che si tratta di opinioni personali, su cui si può sindacare. Un punto di vista non corrisponde ad una regola o ad una verità, è solo un punto di vista, e di negativi ne abbiamo ricevuti tantissimi anche noi, in questi anni di carriera che a guardarli cominciano a non esser più pochi. Figuriamoci un’ istituzione come i Dream Theater. Certo che se le critiche si sono intensificate negli ultimi tempi, magari significa che i loro dischi dividono sempre più l’audience. Ma non che è “crisi”. Pensa un po’ a “Falling into infinity”: tutti volevano un disco pesante come “Awake” e loro hanno fatto il disco meno “Metal” della loro carriera. Il più leggero, moderato, Rock. Ma è un brutto disco? Io rifletterei su questa cosa, da fan della buona musica ti dico che quello è tutto tranne un disco composto da una band in crisi di idee e di ispirazione.
Concludiamo parlando di Prog Metal. C’è chi lo vede semplicemente come un Metal complesso e suonato da persone con un bagaglio tecnico non indifferente, e chi invece – come il sottoscritto – lo vede come tutt’ altra cosa. Io lo vedo come una Progressione da un punto di partenza verso un qualcosa di più definito… tu?
Le etichette le vedo sempre come un qualcosa di poco importante, ci si può impazzire sopra, suddividere un’ etichetta in mille altre sottoetichette e fare l’ operazione inversa. Cosa si è risolto? Nulla. Prendi per esempio il Prog Metal: quanti tipi ne esistono? Prendi il Death Metal, o l’ Heavy Metal… quante sottoetichette possiamo creare? A cosa servono? Credo la musica si descriva meglio a parole, in maniera discorsiva, che con le etichette. Non so quanta importanza tu gli dia e non voglio di certo criticare il tuo ruolo di recensore, ma ti dico che quando leggo, ed essendo tu italiano la tua recensione non l’ho letta, preferisco leggere un discorso elaborato e ragionato piuttosto che ritrovarmi davanti all’ ennesima band che, siccome ha inventato un nome tipo “Boombastic Dark Metal”, crede di essere riuscita a creare qualcosa di nuovo. Ci sono gruppi che inventano etichette complessissime e magari suonano semplicemente Power Metal in stile di quello degli Helloween. Torniamo al tuo discorso: concordo. Prog Metal è legato alla progressione e non di certo a come suona un musicista, e il tuo punto di vista è molto, molto interessante. Ma ricordati, l’etichetta deve dare un’ idea vaga e non essere presa troppo sul serio (e qui concordiamo entrambi, dilungandoci in un discorso sul tema… n.d.a.).
Chiudi pure come preferisci, Daniel…
Noi ad aprile ci saremo, suoneremo qualcosa da tutti i nostri album senza concentrarci su di uno in particolare. Sarà interessante pensare a “Be” nonostante sia impossibile ripresentarne il concept in maniera adeguata. Dovremmo suonarlo dal primo all’ ultimo minuto, parti narrate incluse, e converrai con me sull’ impossibilità dell’ operazione in un regolare tour. E ci saranno anche pezzi da “One hour by the concrete lake” (ride n.d.a.)! Saluti a tutti!

Daniel Gildenlow

Marco “Dark Mayhem” Belardi