Nocturnal rites – Shadowland

Ho sempre ammirato i Nocturnal rites, sia per la facilità con cui i nostri sono, col passare degli anni, puntualmente giunti a produrre svariate releases qualitativamente ottime, che per l’immensa capacità di rinnovarsi dimostrata dai nostri negli ultimissimi anni. Se la band s’era dimostrata conservatrice sino all’uscita di “The sacred talisman”, semplice disco di power metal di buona fattura, da “Afterlife” in poi il sestetto in questione non ha fatto che andare controcorrente, mettendosi contro una buona porzione di quelli che erano stati i loro fans, ed acquisendone altri. Tuttavia, in un periodo dove al power viene reputata scarsa originalità artistica, ciò non poteva di certo nuocere a cotale band nordica, ed i Nocturnal rites, in successione ai fantastici risultati riscontrati con “Afterlife”, hanno deciso di non arrestare il proprio incontrastabile processo evolutivo, aggiungendo nuovi ingredienti al sound creato, ingredienti – stranamente – ripescati proprio dal passato. In effetti, “Afterlife” aveva provocato una risposta frazionata da parte della critica mondiale: chi avrebbe voluto un disco sulla scia dei precedenti era rimasto ampiamente deluso dal succitato lavoro, mentre i (numerosi) detrattori del power venivano incontro alla band, conoscendola per piccoli passi, ma apprezzandola ampiamente. Con “Shadowland”, nuova release sotto la fortunatissima Century media records, i Nocturnal rites hanno voluto dimensionare i due fattori, mixando saggiamente (o erroneamente?) una buona parte di quanto svolto musicalmente negli scorsi anni con la componente modernista, rocciosa ed innovativa di “Afterlife”. In Shadowland, infatti, non mancherà nulla di quanto suonato dai Nocturnal rites dagli arbori della loro carriera ad oggi: passaggi epicheggianti volti al loro primissimo periodo discografico, fraseggi totalmente easy listening devoti al puro power metal europeo di fine anni novanta, e quindi il passato-recente, rappresentato dal chitarrismo roccioso e di chiara ispirazione power-thrash (Angel dust, per citare un esempio), dalla potenza delle songs, ma soprattutto dalla notevole importanza qui data al solismo, ben amalgamato fra le sezioni create dal chitarrista Fredrik Mannberg e quelle prodotte dal tastierista Mattias Bernhardsson. Il prodotto, che a molti potrebbe risultare un ideale compromesso sulle basi del quale raggiungere un lavoro destinato sia ai vecchi fans della band scandinava che a quelli raccolti con le recentissime produzioni, è purtroppo più pericoloso – per i Nocturnal rites – di quanto si possa pensare. Infatti, questa strana quanto richiosa miscela fra passato e futuro, potrebbe piacere a tutti come a nessuno, in quanto non ci troviamo nè dinanzi ad un lavoro conservatore nè dinanzi ad uno che inventa, in quanto, su “Shadowland”, non c’è nulla di nuovo che non sia già stato detto su “Afterlife”. Le buone impressioni giungono dall’ottima amalgama tecnica servita da una formazione affiatata ed ormai esperta, lineare nel drumming quanto creativa sulle sezioni delle sei corde e su quelle tastieristiche. Ottimi pezzi come quelli presenti nel binomio “Revelation” – “Never die” e in quello costituito da “Vengeance”, lineare ma fantastico pezzo in puro power metal style e “Birth of Chaos”, come valida è l’opener “Eyes of the dead”, ma le lacune ed i cali di tono, soprattutto col passare degli ascolti, fanno passare ad un disco immediato nella sua complessità e, allo stesso tempo, scadente in quanto a longevità ed intrattenimento a lungo termine. In effetti, non posso negare di essere stato sbalordito ai primissimi ascolti di “Shadowland”, ma devo anche ammettere di aver abbandonato gradualmente – con l’incedere dei passaggi nello stereo – una buona parte delle songs qui presenti, come le insipide “Underworld” ed “Invincible”. Purtroppo, la band ha voluto gettare le basi di un disco potente ma catchy allo stesso tempo, non ottenendo i buoni risultati emersi dalle ultime due releases, e producendo quello che, in là col tempo, potrebbe verificarsi come uno dei peggiori episodi della carriera dei Nocturnal rites: non sono qui presenti una “The iron force” od una “Ride on”, il lavoro è costellato da buoni episodi uniti in una micidiale ed omogenea tela con parti noiose, non scorrevoli. Tuttavia, il lavoro, sia per la stima del sottoscritto nei confronti di questa band che per l’ottima interpretazione strumentale attuata dai Nocturnal rites, strappa la sufficienza nonostante una serie negativa di alti e bassi. Consigliato soltanto agli aficionados di questo ensemble.