Terzo disco in quattro anni, da quando sono tornati sulle scene nel 2000, per i Necrodeath, storica band del thrash’o’rama italico. Questo nuovo “Ton(e)s Of Hate” mi ha lasciato alquanto perplesso e ora cercherò di analizzare questa mia diffidenza nei confronti dell’operato della band di Flegias e Peso. Innanzi tutto iniziamo col dire che il sound della band, che si fregia della buona produzione degli Outer Studios di Giuseppe Orlando dei Novembre (il tizio sta raggiungendo quasi uno status di culto…), è meno influenzato dai riferimenti swedish che caratterizzavano i due precedenti dischi e ciò può essere un punto a favore della personalità, ma è anche meno brutale per certi versi e ciò a mio parere è un punto a sfavore. Il sound è più di marca retrò laddove si sentono certe influenze del primo periodo della band anche se in alcuni casi forzatamente aggiornate come in “The Mark Of Dr. Z” nella quale alcuni patterns della batteria ricalcano quelli di band come i Fear Factory. In sostanza poi il tanto sbandierato black/thrash della band non è altro che un thrash metal ben vario con una voce scream (a mio parere l’unico riferimento propriamente black metal) che, tra le altre cose, trovo non all’altezza per cattiveria e incisività. Ma qua siamo nel campo dei gusti e del soggettivo. Quel che è oggettivo è che questo è un discreto disco ma nulla più, un disco che una volta levato dalla copertina il logo dei Necrodeath diventa uno dei tanti dischi di come ne escono tanti oggi in Europa. Certo ci sono buoni spunti, anche melodici (come nella title-track), è ben suonato, ben prodotto ma gli manca la scintilla. Paradossalmente i picchi migliori di questo disco sono la riedizione di “The flag of the inverted cross”, già presente su “Into The Macabre”, e i buoni spunti compositivi di “Evidence From Beyond”. Il pezzo finale poi, “Bloodstain Pattern”, è un minestrone di quasi 8 minuti dove la band cerca di farci entrare proprio di tutto, cercando così di creare una sorta di bignami di quanto fatto nelle precedenti 8 tracce. Un passo falso? Non lo definirei così, in fondo il disco scorre via senza troppi strascichi e sicuramente piacerà ai fan della band. Ma onestamente, in via del tutto personale, ritengo che son ben altri i dischi che oggi meritano l’acquisto. Sta a voi scovarli, altrimenti, come dice il vecchio andazzo, chi si accontenta gode.