Con una formazione (come al solito, direi) rivoluzionata quasi del tutto, il combo italiano partorisce la sua nuova creatura… e anche stavolta è subito amore. Dopo il controverso “Tolling 13 knell”, i Drape ci propongono un disco di purissimo Black/Thrash metal, veloce, cattivo e tecnico, che per chi scrive non ha nulla da temere se confrontato con i dischi che hanno reso grande una band mai abbastanza acclamata. Fin dai primi ascolti ci si rende conto che il Thrash è presente in maniera ancor più massiccia rispetto alle precedenti release, il che rende il disco molto diretto, anche se non manca quell’ aura malsana e occulta che ha sempre contraddistinto la produzione del combo; si alternano quindi pezzi che hanno un andare più “catchy” (con 10 virgolette), come la bellissima Ectoplasm, ad altri che mostrano il lato più minaccioso della band, come Who Calls Me oppure la devastante opener Unfading Revenge. L’ascolto del disco nella sua interezza ci mette di fronte ad un gruppo dal bagaglio tecnico impressionante e che riesce a carpire l’attenzione dell’ascoltatore con i continui cambi di tempo, le sfuriate “blackeggianti” e la voce di un Wildness Perversion (unico membro fondatore rimasto) in forma smagliante. Vorrei inoltre portare il discorso su un nuovo acquisto fondamentale, ossia War Machine Helgast alla batteria. Veloce, preciso, tecnico, fantasioso e chi più ne ha più ne metta… preziosissimo per tutta la durata del disco, si inserisce sempre al meglio portando la sua parte di valore aggiunto. Riguardo alla produzione c’è poco da dire, la crew degli AlphaOmega studios ha fatto un lavoro egregio, esaltando le chitarre, punto forte dell’album senza però mettere in secondo piano il resto degli strumenti. E’ chiaro, magari un suono più grezzo sarebbe stato gradito a molti, nonostante questo però trovo che un ascolto sia obbligatorio, sia per i fans di vecchia data, sia per chi (colpevole!) scoprisse solo ora questa realtà.