Milan Polak – Dreamscapes

Quando ebbi l’ opportunità di ascoltare il primo album solista di Polak, Guitar 2001, rimasi parecchio perplesso di fronte alla proposta musicale di questo giovane musicista, nonostante fosse alquanto evidente, all’ interno di alcuni brani, la sua voglia di sperimentare, tramite l’ uso di licks inusuali, bizzarri. A distanza di dieci anni, la Lion Music pubblica la sua seconda fatica solista, Dreamscapes, composta da tredici brani strumentali, che ci presentano un chitarrista nuovo, diverso, indubbiamente maturo, a cui hanno giovato, senz’ altro, le numerose esperienze fatte in questi anni. Insomma, Polak mi ha piacevolmente sorpreso ed ha creato un’ opera organica, altamente ispirata e con un giusto grado di eterogeneità; rispetto al disco di debutto, è stato fatto un grosso salto di qualità in termini di capacità compositiva, la pregnanza espressiva di quest’ opera, infatti, è la naturale conseguenza di un lungo processo di maturazione intercorso tra l’ iniziale Guitar 2001 e l’attuale Dreamscapes. In generale, queste nuove composizioni di Polak sono pervase da un gran senso di pacatezza, in cui si fanno largo di tanto in tanto momenti di mero romanticismo ed altri essenzialmente solari e spensierati. La serenità di fondo che contraddistingue questo suo nuovo lavoro richiama alla mente le atmosfere gioviali care a Gary Hoey e a Neil Zaza, ne sono un esempio l’irresistibile Joyride, in cui i fraseggi eseguiti da Milan sono supportati da accordi acustici e da suoni di pianoforte, e Straight Ahead, che ha un’impronta decisamente rock. Le fasi più esaltanti, meglio riuscite, sono innegabilmente quelle dominate dai sentimenti e dalla spiritualità, che rappresentano, secondo il mio punto di vista, il surplus di questo disco, la vera svolta per questo talentuoso chitarrista. Girlfriends e Dreamscapes sembrano quasi delle storie d’amore raccontate attraverso l’ uso di note musicali intense e suggestive, mentre 4 A.M. si presenta all’ ascoltatore con delle atmosfere sognanti caratterizzate da suoni cristallini alla Jeff Beck. L’ eclettismo di Polak prende forma con la realizzazione di brani più spinti come Shadowdance e Panic Room, in cui sfruttare suoni distorti e le soluzioni tecniche care agli shredders (in particolare linee scalari al fulmicotone), e nelle uniche due tracce dell’album in cui si serve di una chitarra classica, Spanish Romance e Contrapunctus III. La prima ruota attorno ai suoni calienti della penisola iberica, è perciò intensa e passionale, mentre la seconda ha un’ impronta concretamente neoclassica. Come avrete intuito, l’opera di Polak è veramente stuzzichevole e piena di fascino; per coloro i quali amano una musica strumentale venata di romanticismo, carica di melodia e non priva di sorprese, si tratta di una vera e propria manna dal cielo… privarsene equivarrebbe ad un suicidio!!!