Ok, lo saprete già, ma non potete togliermi la soddisfazione di scriverlo: “i Megadeth sono tornati!”. Anzi, per la precisione Dave “Red Devil” Mustaine è tornato, visto che siamo di fronte ad un nuovo album dei Megadeth sì, ma con una formazione del tutto inedita. Dave infatti questa volta si è circondato di musicisti degni di essere chiamati tali. Voglio dire: non si offendano i poveri Jimmy De Grasso e Al Pitrelli ma proprio non erano “da Megadeth”! Ora invece alla chitarra solista troviamo un piacevolissimo ritorno: Chris Poland, gia fautore di linee soliste uniche ed irripetibili negli embrionali ma già personalissimi e cervellotici “Killing Is My Business…” e “Peace Sells…”. Ed anche in questo caso, lo sentirete con le vostre orecchie, Chris ha spazzato via con la sua classe ogni possibile dubbio sulla giustezza della scelta di Dave di riarruolarlo alla sua corte! Alla batteria troviamo… mmm: dunque, conoscete un certo Frank Zappa? Ecco, proprio il batterista di Zappa: un certo Vinnie Colaiuta, che non ha bisogno di presentazioni. Al basso Jimmy Sloas sostituisce Dave Ellefson, che per l’occasione ha preferito starsene in compagnia di Max Cavalera nei Soulfly, dimostrando prima di tutto di non conoscere il significato della parola “gratitudine”, e poi, evidentemente, di avere gusti musicali discutibili, vista l’aridità compositiva che caratterizza l’ultimo percorso musicale intrapreso da Cavalera. Ma arriviamo al punto. Per facilitarmi il lavoro e facilitarvi la comprensione di questa recensione darò per scontato delle cose. Partite dal principio che quest’album è un capolavoro già almeno per tre motivi:
1) a parte qualche passaggio scarsamente ispirato, riconducibile al massimo a due episodi (che specificherò nel “track by track”), il livello qualitativo dell’album è altissimo;
2) questo album dimostra la capacita di chi lo ha composto di ampliare le proprie influenze senza rinunciare ad un briciolo del suo trademark;
3) esce in un periodo di “ritorno” (gli squallidi Death Angel, Exodus, Destruction, e vecchiume vario rispolverato in occasione della moda dell’ ultim’ ora) a certe sonorità, ma lo fa in modo talmente superiore – unico e personale – per cui gia solo azzardare confronti con la “concorrenza” sarebbe un’eresia da stolti e sprovveduti.
Consideriamo poi che i Megadeth sono senz’ altro uno dei rari gruppi metal che hanno preferito cambiare (talvolta anche in peggio) piuttosto che adagiarsi a sfruttare i privilegi derivanti dal successo, ossia piuttosto che ripetersi poveramente. Ed anche stavolta il discorso è lo stesso, infatti, una delle cose che più affascinano ascoltando il “The System Has Failed” è il modo in cui MegaDave è riuscito ad infondere un’ aria nuova ai brani conservando al contempo il suo riffing caratteristico. Ma, a questo punto, diamo inizio ad un doveroso track-by-track.
L’ album parte con “Blackmail The Universe” che, per la sua linearità strutturale potrebbe tranquillamente apparire nella track-list di “Countdown To Exinction”, senza sfigurare assolutamente. Un brano molto riuscito, riassumibile come l’incrocio ideale tra “Skin Of My Teeth” e “Hook In Mouth”, e ho detto tutto. Un brano munito di guizzi di chitarra solista personalissimi e di spunti davvero notevoli. Degna di lode la seconda parte, in cui Mustaine riprende a cantare come un indemoniato. Da sottolineare, tanto per polemizzare, che contiene più assoli questo brano da solo rispetto agli ultimi tre album dei “cugini” Metallica, senza nemmeno andare a scomodare confronti di tipo tecnico-esecutivo, i quali risulterebbero solo umilianti e schifosamente frustranti per Hetfield&soci.
Segue “Die Dead Enough”, brano con delle melodie veramente da pelle d’oca, ed io, a differenza di altri rispettabili colleghi, invece di sparare a zero sulla mielosità e al contempo osannare gli Iron Maiden (mah… ) vi dirò una bella cosa: l’unico difetto di questa song è che il ritornello viene ripetuto solo due volte! Probabilmente il problema è che molti proprio non riescono a capire che “la melodia è gratis”: non costa niente e quindi tutti se la possono permettere, anche i Megadeth! Comunque questo è un brano che ripercorre in parte ciò che i Megadeth avevano già detto col clamorosamente sottovalutato “Youthanasia”, aggiungendo una strofa in pieno Bay-Area-style ed un finale che riarrangia il ritornello “incattivendolo”.
Al numero tre, troviamo “Kick The Chair”, brano usato da papà Mustaine per diffondere il nuovo verbo dei Megadeth. Era infatti questo, qualche mese fa, il pezzo reso reperibile sul sito ufficiale del gruppo per placare la crisi di astinenza dei molti che attendevano il ritorno della band. Ed infatti “Kick The Chair” è indubbiamente il brano che chi ha amato i Megadeth dell’ immenso “Rust In Peace” attendeva da quattordici anni! Niente melodia, Mustaine ghigna come una porta con le cerniere arrugginite: velocità, tecnica, ispirazione… in pratica tutto il meglio cui un fan dell’heavy metal può ambire!
“The Scorpion” invece ci riporta in territori “Youthanasiani”, anche se, essendo il mood di “The System Has Failed” più prettamente metal di quello di “Youthanasia” ( caratterizzato piuttosto da un approccio rock-oriented), il risultato cui assistiamo in questo caso è quasi diametralmente opposto a ciò che potevamo ascoltare in “Youthanasia”: “The Scorpion” infatti risulta estremamente acida nella strofa, che in parte mi ha ricordato “Train Of Consequences”, e presenta delle soluzioni mai ascoltae in ambito ‘Deth, come il riff dissonante di apertura interamente in tapping. Un brano che è un piccolo capolavoro.
“Tears In A Vial” è una traccia che più classic metal non si può (andrei quasi a scomodare i Savatage), caratterizzata da una strofa dall’incedere maideniano nella prima parte che poi subisce un’accelerazione nel finale, ed da un ritornello molto melodico. Un brano godibile e armonicamente molto curato, caldo e passionale.
“Back In A Day”, preceduta da un’ intro (“I Know Jack”), è un brano tirato e diretto che si evolve in un mid-tempo nella seconda parte. Un brano ben bilanciato da ascoltare tutto d’un fiato ma che troppo deve a reminiscenze maideniane che francamente avrei evitato. Non a caso, il riff più riuscito e rappresentativo, è proprio quello in cui il timbro “Maiden” scompare. Non è comunque colpa di Mustaine & Co. se chi scrive è uno dei pochi esseri viventi che non apprezza gli Iron. In questo caso mi riesce molto più facile apprezzare la linea vocale indubbiamente riuscita…
Con “Something I’m Not” invece si registra il primo passo falso dell’album, essendo questa la prima delle due tracce mal riuscite cui accennavo sopra. Non che mi dispiaccia ascoltare MegaDave in versione hard-Rock ma il 4/4 ininterrotto per più di cinque minuti mi risulta quanto meno pretenzioso! Se solo ci fossero delle variazioni… E invece no, niente. Quattro quarti fisso con un riff stoppato che più seventies non si può, e altri e cinque minuti, nel bene o nel male, sono passati…
“Truth Be Told” invece parte con un apertura estremamente ariosa di chitarre in allungo che si assesta poi su fraseggi stupendi di chitarra acustica. Ma non si tratta di una ballad. E’ semplicemente un brano molto ispirato che alterna strofe acustiche, ritornelli heavy e parti solistiche di indubbia caratura! Sicuramente tra le hit di questo album. La voce di Mustaine, rauca e bassa, si staglia sull’ arpeggio con un risultato molto tetro e atmosferico che poi si evolve in un crescendo che introduce al ritornello, distorto e molto ritmato, molto chatchy direi.
La parte solista è da paura! Brano molto strano, ma assai stimolante…
Ultima track degna di nota è questa “Of Mice And Men”, di una semplicità unica: successione strofa/ritornello ripetuta due volte, variazione ritmica di quattro giri e poi ripresa del ritornallo.
Semplice, essenziale, ok. Ma questo è uno dei pezzi che più mi ha convinto. Non mi dilungo perché è il tipico caso in cui vige la legge “poche note ma giuste”, legge ovviamente molto soggettiva. Una dose massiccia di melodia, e di ottimo gusto!
E qui finisce la pacchia: dopo “Shadow Of Death”, semplice intro, carino quanto vi pare (e lo é) ma sempre solo un intro, arriva ‘sta “My Kingdom Come” che già per le ben 32 battute di MI a vuoto ti gonfia due gemelli come una mongolfiera, e perdonatemi il francesismo. Trenta secondi di accelerazione centrale con un inutile assolo di uah-uah sopra e poi ricomincia la lagna. Straziante!
Tirando le somme, questo album ci riconsegna i Megadeth ad un livello di ispirazione impensabile fino a qualche anno fa. Potrei riassumerlo così: 7 song (“Blackmail The Universe”, “Die Dead Enough”, “Kick The Chair”, “The Scorpion”, “Tears In A Vial”, “Truth Be Told”, “Of Mice And Men”) di altissimo livello dove vige una sola legge, “totale libertà compositiva”; 1 song di media fattura (“Back in A Day”) e solo perchè odio gli Iron Maiden; 2 song bufala… Tenendo conto del livello medio delle uscite cui siamo oggi abituati (cioè album con la media di otto canzoni, di cui la sola opener è lontanamente catalogabile come “brano musicale” e le restanti sono riempitivi – nemmeno tanto visto che spesso non si arriva ai 40 minuti), questo album dovrebbe meritare almeno un 15 su 10. Ma il problema è che io sono un fan dei Megadeth e i fan dei Megadeth sono pretenziosi e incontentabili (per questo motivo ascoltano i Megadeth!). Non darò il massimo a questo “The System Has Failed”. E non me ne voglia il caro Dave: un genio come lui (perchè stiamo parlando di un genio) non ha bisogno di elemosinare voti per convincere i fan a dargli fiducia. Ben tornati!!!