Marty Friedman – Music for speeding

Chi dalle focose dichiarazioni pre-album espresse dall’ex chitarrista dei Megadeth si aspettava un totale ritorno alle sonorità di “Dragon’s kiss” del 1988, da Marty Friedman riceverà una mezza delusione con questo suo nuovissimo “Music for speeding”, che all’indomani del tracollo definitivo dei Megadeth e del loro leader assoluto Dave Mustaine, è si tornato a giocare a braccetto col Metal, pur tenendo ancora una volta conto degli influssi New age che – già in “Scenes” – avevano cosparso di nuove idee il panorama compositivo sempre più colto e variegato del celebre axeman che, al suo tempo, mise a ferro e fuoco i Cacophony coi suoi duelli con Jason Becker. Il nuovo disco di Marty Friedman recupera in parte ciò che il musicista aveva messo in disparte con l’incedere degli anni: la voglia di suonare Metal, in maniera però assai distante dallo Speed ultra-tecnico sfoggiato su “Speed metal symphony” e “Go off!”, altresì prettamente direzionata verso la proposizione di mid-tempos rocciose e dai suoni moderni, quindi infarcite da soventi inserzioni elettroniche. Non che la chitarra di Friedman sia divenuta improvvisamente un elemento di contorno: l’elettronica mai disturba le composizioni strumentali dell’eclettico mago della sei corde, anzi tende ad arricchirle di un gusto decisamente meno barocco rispetto a quanto, talvolta, accadeva coi Megadeth, ma modernista, visionario e spaziante su più fronti. Quindi, messe in disparte le cupe e tenebrose atmosfere Thrash di pezzi come la magnifica e storica “Saturation point”, Friedman torna a comporre musica pesante ma allo stesso tempo musica per tutti, graffiante ma solare, scorrevole e mai volta all’esaltazione del tecnicismo puro e fine, come si suol dire, a sè stesso. La componente New age affiora ancora in superfice nel caso di pezzi come “Cheer girl rampage”, episodio concettualmente assai distante dall’ opener ultra-metallica “Gimme a dose”, e dove il duello fra la chitarra di Marty e l’elettronica si fa interessante, misterioso, dall’esito già sicuro in partenza. Poi, il gusto orientaleggiante e retrò che caratterizzò buona parte del DNA di Friedman molti anni orsono riemerge in “Lust for life”, ballad sognante che rende ancor più omogeneo e piacevole l’ascolto di “Music for speeding”, gioiello in cui più diamanti sono incastonati con sapienza senza che nessuno di essi prevalga qualitativamente sugli altri. Ennesima riprova della bravura di questo paladino della sei corde, ma soprattutto – a mio avviso – con “Music for speeding” siamo dinanzi al miglior disco solista di Friedman dai tempi di “Dragon’s kiss” in poi, ben distanti dai mezzi flop rappresentati dai pur discreti “Scenes” ed “Introduction”, e finalmente davanti ad un disco capace di recuperare un po’ tutte le idee che, nel corso degli anni, sono state un Credo artistico per le composizioni del moro e riccioluto musicista americano. La componente Metal, inoltre, riprende in ampie dosi lo stile dei Megadeth post – “Countdown to extinction”, proponendo ovvero quell’ Heavy Metal spesso mid-tempos based tutto incentrato su un diligente uso della melodia e mai troppo cosparso dalle accelerazioni tipiche degli esordi della band ove militò anche l’illustre collega Chris Poland. “Music for speeding”, consigliatissimo. A chiunque.