Dopo quattro album in studio, questa fortunata formazione di Seattle arriva al momento, generalmente abbastanza autocelebrativo, del disco live. Quattordici canzoni estrapolate dalle fatiche dei Machine Head, nessuna cover e nessun regalo inedito, nessun cofanetto o nessun portachiavi in omaggio insieme a questo disco: un lavoro realmente vivo, realmente sudato, un concerto reale e non un freddo taglia ed incolla di brani ben eseguiti. Hellalive, per quelli che come me avevano assistito al concerto di quasi un anno e mezzo fa al Milano, ha un sapore tremendamente particolare: a tratti, durante l’ascolto, ci si immagina di vedere Robb urlare “Salut’!” con il suo bicchiere di vodka e la mente è completamente investita dalle sensazione di quella giornata uggiosa. Generalmente detesto i dischi live: spesso hanno poco senso e una votazione quasi autocommemorativa, poco trainanti e le canzoni suonano troppo simili al disco ma in questo caso i Machine Head riescono a mettere in campo una componente emotiva davvero d’eccezione. Questo non è un live con 100.000 persone eterogenee davanti al palco, questa è la testimonianza e la colonna sonora di un’ esperienza di 2000 persone stipate accaldate e poganti sotto le urla e la violenza sonora dei Machine Head. Hellalive è un disco piacevolmente lungo (oltre 77 minuti) che ha momenti gloriosi (come in Old o The Burning Red) e che umanamente suona meno convinto in qualche occasione (From this day ne è l’esempio perfetto). Non ci sono cori, non ci sono urla del pubblico… i Machine head suonano mostruosamente “vicini”, “intimi”: questa è la cosa più bella che possiede la band, e con “Hellalive” tutto ciò diventa terribilmente presente, ovvero l’attitudine sudata ma lontano dall’isteria da rock star. Insomma, avete presente un concerto di Manson o di Vasco Rossi? Pensate all’ esatto contrario, pensate ad un bootleg splendidamente confezionato e che sarà capace di ridarvi le stesse emozioni provate del concerto. Hellalive: uno splendido centro.