Luciferion – The apostate

Anche i vecchi bagliori che si spengono possono tornare a brillare o, in determinati casi, sperano di poterlo fare accalappiando il maggior numero possibile di allocchi. Mi riferisco ai Luciferion di Michael Nicklasson dei Dark tranquillity, nati nel lontano 1993 e subito in attività con il demo “The demon of 1994” nell’anno successivo, per poi approdare alla Listenable Records. Grazie a tale contratto nasce il full-lenght “Demonication (the manifest)”, un buon disco di death metal a sprazzi melodico, con lievi e rari inserimenti sinfonici. Non so per qual motivo, vedi i differenti interessi dei componenti della line-up (impegnati in altre band), vedi la non confortante risposta da parte del pubblico, fatto sta che il monicker è rimasto attivo solo per rilasciare vari tributi a Morbid angel, Slayer, Metallica, Sodom, Mercyful fate e KAT in tutti questi anni. Oggi il contratto con la Listenable è nuovamente vivo, e “The apostate” è il secondo marchio di fabbrica degli svedesi capitanati dall’indiscusso leader Wojtek Lisicki, anche se chiamarlo leader sarebbe riduttivo dal momento che oltre a suonare le chitarre e le tastiere a lui si devono la produzione, la registrazione e il mixaggio, nonché tutti i testi e gli arrangiamenti degli strumenti. Impossibile inoltre non parlare dello stupendo e curatissimo artwork da parte dell’ immenso e mio adorato Niklas Sundin, a partire dalla copertina sensazionale molto evocativa: tutto è stato fatto in modo ineccepibile e la grafica è eccellente; l’occhio non può far altro che godere. Lasciando l’aspetto esteriore, che bene o male non conta nulla ai fini della valutazione, “The apostate” si discosta dal suo predecessore per il grande uso di keyboard, effetti speciali e samples, pur avendo di base il solito death roccioso sotto l’ombra assassina di Morbid angel e Deicide in quanto a influenze, mentre per l’apporto più moderno e dal punto di vista del sound non poco mi sono venuti alla mente gli Zyklon di Samoth. Il disco, che supera i 50 minuti e conta undici tracce, alterna momenti di intensa violenza trascinati da idee incisive e degne di nota ad altri attimi in cui l’eccessiva prolissità porta a lungo andare all’immancabile skip di track, il che non è certo positivo. Giudizio parzialmente soddisfatto del disco – questo – che potrebbe venir fuori non essendo a conoscenza della curiosa e alquanto discutibile scelta di inserire nella tracklist “Graced by fire”, “Rebel souls”, “Satan’s gift (the crown of thorns)”, “Hymns of immortals” e “The voyager”, ben cinque pezzi sugli undici totali che già erano apparsi sia nel precedente full-lenght che nel demo. Demo che, per l’appunto, era formato solamente da quei brani. Per ‘fortuna’, però, i suddetti pezzi sono stati riarrangiati e risuonati per l’occasione, prendendo ora la forma più sinfonica e teatrale in modo da farli entrare in sintonia con il sound dell’album (a dire la verità li preferivo prima). Tirando le somme, su undici track la prima è un’intro, la terza un intermezzo parlato, la sesta è “Circle of the tyrants” (che dovrebbe essere la cover dei Celtic frost, ma rivista in questa chiave onestamente mi fa pena) e dalla settima alla undicesima sono tutte cose già sentite nel demo e nel primo disco. Dove voglio arrivare? Qui di CANZONI vere e proprie, INEDITE, ce ne SONO TRE! A me sembra una presa per il culo, soprattutto se penso che i cinque deathster hanno avuto ben NOVE ANNI per scrivere qualcosa di nuovo… Inutili, da parte mia, altri commenti.