Luca Turilli – Demonheart

Ci voleva un trait d’union che realizzasse una congiunzione fra l’avvio della carriera solista di Luca Turilli con quanto quest’ultimo avrebbe voluto intraprendere – musicalmente – a cammino già inoltrato. “Prophet of the last eclipse”, il nuovo ed imminente full lenght del celebre chitarrista dei Rhapsody, si prospetta come un lavoro di transizione, ampiamente ancorato alla wave musicale imposta dalle sue due bands, ma contraddistinto da certe inserzioni estranee al suo estro compositivo. Lo testimoniano le sei tracce inserite in “Demonheart”, EP dalla durata inferiore alla mezz’ora comprendente tre nuovi pezzi, due versioni editate di pezzi già esistenti o che usciranno sul succitato disco, ed una cover. Andando con ordine, e partendo dal materiale di minor importanza, troviamo “I’m alive”, pezzo degli Helloween rielaborato da Turilli senza eccessive pretese di stravolgimento, ma griffato dalla consueta caratteristica sinfonica e pomposa che ogni disco dell’axeman in questione contiene. La song, già apparsa sul tributo “Keepers of Jericho” (realizzato per la label ispanica Arise records), è stata probabilmente inserita nell’EP per ragioni di carattere riempitivo, a causa dello scarso numero di minuti prodotto dalla presenza delle altre cinque tracce. Venendo ai brani edited, troviamo il classico “King of the nordic twilight”, danzereccia song corrosa da un’attitudine fantasy evidentissima, e la seconda title-track esposta dalla carriera solista di Turilli, “Prophet of the last eclipse”, pezzo ancora appartenente al futuro prossimo della vita compositiva di quest’ultimo. Ciò che allarma sono i pezzi nuovi, veri e propri bandoli della matassa: non è da escludere che si tratti di episodi scartati dal futuro full lenght, in quanto la loro qualità è evidentemente bassa. “Demonheart”, song che dà il nome all’EP, non distacca troppo lo stilema musicale di Turilli da quello che egli ha sinora proposto con Lione e compagnia bella. Alcuni synth fanno da braccio destro alla vena principale che attraversa i cinque minuti pieni del pezzo, fungendo da elemento estraneo e non convincendo a pieno. Il power metal sinfonico si incontra con l’elettronica quasi con rigetto, e sebbene l’utilizzo di queste parti sia contenuto ed evidente solamente nel fade out nella song, queste parti risultano persino disturbanti, fuori dal contesto. L’elettronica, elemento che Turilli vuole evidentemente inserire nella propria musica per non realizzare opere fotocopia delle precedenti, non cambia però di una virgola le idee del chitarrista: le composizioni, come lo dimostra anche la buonissima “Black realms majesty”, sono scarsamente fresche e tendono a confondersi con alcuni pezzi di “King of the nordic twilight” o degli ultimi dischi dei Rhapsody stessi. “Rondeau in C minor” rappresenta un’altra traccia dal valore esclusivamente riempitivo, mentre le migliori cose sembrano provenire proprio dalle fasi più lente e – quindi – da “Black realms majesty” stessa, song che peraltro azzarderei di definire piuttosto simile alla title-track del precedente disco in studio di Luca Turilli. La mancanza di Staropoli e Lione in formazione, i cui posti fondamentali nell’ottica di proposizioni rhapsodiane, vengono presi nell’opera solista di Turilli dal singer Olaf Hayer, capace ugola dalle doti medio-alte, e dal tastierista Miro, quest’ultimo assolutamente chiuso nel suo raggio di casistiche operative ed autore di parti elettroniche sin troppo simili fra loro. I Rhapsody senza Staropoli – e con una formazione diversificata a pieno – sono la band solista di Turilli, e si sa, comporre musica a’la Rhapsody senza l’innesto del loro popolare keyboard player è un rischio enorme. Buona, invece, la sezione ritmica: la fantasia del batterista Roberto Rizzo è incredibilmente limitata, ma la sua efficacia (nonostante i suoni della batteria presenti sul disco risultino clamorosamente meccanici e triggerati, ed a questo punto mi domando cosa cambi fra utilizzare un batterista umano ed una drum machine) è su piani decisamente più alti; Sascha Paeth, famosissimo produttore nonchè ex bassista degli Heaven’s gate, riempie il puzzle nella migliore delle maniere. In definitiva, “Demonheart” è un piccolo assaggio di quanto potrete trovare in “Prophet of the last eclipse”: in poche parole, Turilli, definendo “Cosmic symphonic metal” la sua “novizia” voga compositiva, ha ancora una volta cambiato un nulla facendo passare il disco prossimo alla release come un qualcosa di innovativo. Comprate “Legendary tales” e “Symphony of enchanted lands” ed avrete gemme a sufficienza per colmare la vostra sete di conoscenza nell’ambito symphonic metal tricolore. Se, altrimenti, siete dei veri maniaci di questo genere, allora mano al portafoglio.