Klimt 1918 – Undressed Momento

Ma in ultima analisi, in questa modernità post anno 2000, del Metal cosa è rimasto (intendo del metal ‘nuovo’, non quello ormai codificato sugli stilemi introdotti negli anni ’80 e ’90… Thrash, Black, ecc.)? Direi le chitarre pesanti con i loro suoni un pochino aggressivi, e una batteria piuttosto ricercata, che sa reinventarsi ad ogni stralcio di canzone. Tutto il resto è ipercontaminazione: il Metal in questo senso è riuscito ad assorbire le caratteristiche di altri generi musicali e a riproporli ibridandoli con chitarre e batteria metal, creando a volte qualcosa di nuovo e originale, a volte invece un derivato che si limita solo a introdurre un tipo di sound in un audience metal a digiuno (e che neanche forse sa della sua esistenza) di tali sonorità. (apro una parentesi… il guaio di certe operazioni è una sorta di ‘cancellazione storica’ dei generi di partenza nelle menti degli ascoltatori nel nome del monoteismo metal, religione che pare imponga un assolutismo musicale completo e spesso eccessivo… il pubblico quindi nella maggior parte dei casi tenderebbe a non ‘indagare’ meglio su quali possono essere le influenze andandole a ricercare una volta scoperte, limitandosi spesso a rimanere all’interno di una nicchia esclusivamente metal … vabbe’ …. lasciate perdere , discorsi un po’ inutili) – I Klimt 1918 ci ‘provano’ e sul retro del foglietto allegato col cd leggo ‘Post Modern Music’ … definizione anche accettabile in ambito metal. In realtà preferirei parlare, parafrasando il loro precedente demo ‘Secession Makes Post Modern Music’, i contenuti dei Room With A View (leggete per precisazioni la recensione del loro ultimo lavoro) e le forme musicali dei padri padrini Novembre (il disco e’ stato registrato negli Outer Sounds Studios con la partecipazione di Pagliuso alle orchestrazioni), di Metal Secessionista, cioè un metal che a tratti si discosta (secede) dal metal per diventare potenzialmente qualunque cosa e assumere qualunque forma, dove cioè il metal diventa solo un modo tra i tanti di recepire/creare la musica e i suoni, in perfetta e paritaria armonia e commistione. Personalmente mi fa molto piacere che queste sonorità siano portate avanti da band italiane, penso che sia un sound che si adatta particolarmente bene al gusto melodico italiano. Nello specifico, Undressed Momento è un album in cui modernità e passato si mischiano … o meglio è un album in cui qualcosa di già detto viene riproposto in chiave nuova e contaminato/ibridato con il metal in maniera alquanto inedita. Il disco in sè è piuttosto vario, comunque potrei dire che si tratta di un’orgia a cui partecipano The Smiths, gli Anathema ‘moderni’ e i Novembre… dagli Smiths viene presa un po’ quell’aria scanzonata, leggera, tipica della pop-wave anni 80 (e ‘pop’ non è una brutta parola, ci tengo a precisarlo… mi riferisco a band soprattutto come i già citati Smiths, i Sad Lovers & Giants e altri), i suoni dolci e cullanti e a loro modo semplici, caldi e generosi di emozioni, chitarre e batteria carezzevoli… l’attacco vocale dell’opener (dopo l’intro) Pale Song è quasi morissey-ano e echi simili saranno frequenti lungo l’ascolto del cd. Ad esempio Naif Watercolour ci riporta veramente indietro a quelle atmosfere, la lenta leggiadria della title track Undressed Momento, la semplicità quasi minimale di alcune parti, il ‘tiro’ di molti ritornelli e melodie, la spensieratezza di Parade Of Adolescence… e così via lungo tutto l’album. Dagli Anathema (quelli da Eternity in poi) – non a caso anch’ essa una band inglese – viene recepita la lezione dell’ emotività applicata al metal (e anche la lezione sul come staccarsi dal metal in maniera elegante) e infatti la voce del cantante Soellner riassume in sè le caratteristiche di un Cavanagh degli Anathema e la ‘mobilità’ e il respiro di un cantante wave inglese anni 80. Infine dai Novembre provengono la tecnica e gli arrangiamenti, nonchè la produzione: il suono delle chitarre, la tecnica dell’arpeggio, la ritmica e soprattutto l’uso della batteria, che passa da tempi lenti e rilassati a una doppia cassa corposa e coinvolgente (senza essere un elicottero), sono quelli a cui la band romana ci ha abituato e che è stata portata in dote a molte delle band passate a registrare dagli Outer Sound Studios… e ne è testimonianza la pesantissima chiusura metallica (e Novembriana direi) di Stalingrad Theme. In conclusione, un gran bel dischetto adatto a tutti i momenti, piacevole da ascoltare in ogni situazione e per lungo tempo, con melodie veramente affascinanti e toccanti. E inoltre per me una pietra miliare del metal/nonmetal italiano. Support Italian Metal (stavolta veramente!). E poichè la band è italiana, mi sembra giusto citare i nomi dei fautori di questo gioellino musicale: Marco Soellner – voce e chitarre, Alessando Pace – chitarre, Davide Pesola – basso, Paolo Soellner – batteria.