John Wetton – Rock of Faith

Uno dei più importanti vessilli canori del Rock è tornato ad illuminarci con tutta la sua sapienza, quella di un singer oramai più che navigato a causa dei relativi trascorsi nelle file di Uriah Heep, King Crimson ed Asia. Naturalmente, mi riferisco al grande John Wetton, colui che già macchiò le linee strumentali di dischi come “Starless and bible black” o “Astra” con la raffinatezza che solo le sue corde vocali erano, e sono tutt’ora, in grado d’esprimere. “Rock of Faith” è una continuazione del solo-project che egli porta con sè già da anni, e che nel 1998 diede luce al buon “Arkangel” su Eagle Records. E per chi fosse in temporaneo avvicinamento nei confronti della musica di questo autentico simbolo del Rock meno contemporaneo, giunge ad hoc un avvertimento: non pensate alle trame Progressive dei magistrali King Crimson, poichè in “Rock of Faith” scorgerete solamente un AOR leggerissimo, con un chitarrismo elettrico dal peso ridotto al minimo estremo, e con una pressione ingente da parte di linee di tastiera soffici e paradisiache operate nientemeno che da Clive Nolan degli Arena, leggendaria band della quale, in questa formazione d’eccezione, ritroviamo anche l’axeman John Mitchell, quest’ultimo accompagnato dalla presenza di un’altra sei corde calda come quella di Hugh McDowell degli Electric Light Orchestra. Mentre membri di IQ e Jadis completano il magnificente quadro, va detto che “Rock of Faith” potrebbe rimanere indigesto anche nei confronti di molti fanatici dell’AOR. La sua spropositata leggerezza non ricerca solamente la melodia, ma va piuttosto a ripescare un preciso fascio di sentimenti, emozioni ed atmosfere non tanto divergenti da quelle di “Arkangel”, altresì maturate e messe a punto da una line-up che non può in nessun modo temer rivali. Il lotto è ricco ma non eccessivamente variegato: “Rock of Faith” si compone di undici tracce fra cui un’intro ed un’outro, vede una durata media delle songs assestatasi attorno ai quattro minuti, e si rivela un disco naturalmente costruito tutto attorno alla prestazione del vocalist. E’ infatti Wetton l’assoluto protagonista: le chitarre assumono un ruolo di contorno, la tastiera di Nolan è onnipresente, anche se in qualità di accompagnatrice nel sessanta-settanta per cento dei casi, ed il drumming è spesso assente. Le fasi di sola tastiera e/o voce, talvolta relativamente prolisse, non impreziosiscono di certo il lavoro, anzi lo rendono a tratti fiacco e cosparso da sezioni superflue. Sono invece i momenti più enfatizzati, come “A new day” o “Take me to the waterline”, a rappresentare i migliori episodi del platter, mentre “Who will light a candle?” – interamente costruita attorno all’operato di Wetton – si rivela il pezzo debole del disco assieme ad “Altro mondo”. “I believe in you” è un altro dei brani consigliabili per quel che riguarda l’eventuale approccio a “Rock of Faith”, ma un semi-plagio nei confronti di “Radio Ga Ga” dei Queen (mi riferisco alla parte cantata terminale del refrain della celebre hit di Brian may e soci), contenuto in alcune note appartenenti ad un break strumentali ed al successivo reprisal vocale di Wetton, mi impediscono di valorizzare il brano con la piena sufficienza. In definitiva, “Rock of Faith” è una fantastica colonna sonora messa in piedi da suoni dolci e soffusi, nonchè da eteree profusioni Rock: un disco per i soli appassionati di AOR, ma non certamente un’Opera Rock per tutti. Riuscito solo a metà, anche grazie alla immensa classe dei sette musicisti coinvolti all’interno del progetto in questione.