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Recensione
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Genere: Black metal
Black metal puro, senza compromessi. Dopo esserci imbattuto nei neri meandri di tale settore tramite l’arrivo di demo come quelle di Adonais ed Exsecratum, la prova del nome, l’underground italiano, la affronta nuovamente attraverso gli Havok, terzetto piacentino totalmente devoto ad un black metal violento ed estraneo a componenti innovative, Avantgarde, o comunque relative ad un processo di progresso legato al genere stesso. Il disco in questione, “Summoning the realm of pain”, è basato su di un concept lirico i cui dettami storici risalgono al 1920, ed in particolare ad alcuni esorcismi svoltisi proprio nella città di Piacenza nel tale anno. Il lavoro, musicalmente, si propone come una sponda fra i Sacrater, band nella quale militavano – prima dello scioglimento – il chitarrista The executioner ed il batterista Algor. L’incontro fra le ceneri di questi, produttori peraltro della demo “Sudarium Teenebrae”, ed il vocalist-bassista Haimon ha dato vita ai qui trattati Havok. Ed i risultati, sia dal punto di vista del rendimento che sotto il piano produttivo, sono stati più che gradevoli. Ottima la produzione, nichilistica come un disco di puro black metal richiede, e nettamente sulla scia del manufatturato di Nargaroth, Setherial e di altri volti più o meno noti del settore. Musicalmente, il trio risente particolarmente dell’influenza della scena norvegese, pur proponendo stilemi e percorsi ritmici lievemente accostabili a quanto esposto dagli Enthroned del periodo in cui vi militava Cernunnos (R.I.P.). Cinque pezzi per una durata che si aggira attorno ai venti minuti, con un’intro – “Agonized…” – che introduce l’ascoltatore all’interno di un viaggio nella dimensione più puritana, classica, tradizionalista del black metal. Nessuna tastiera, nessuna voce femminile, solo quanto viene richiesto in base alla scuola derivata dall’avvio degli anni novanta (vedi gli Immortal di “Pure holocaust”, ad esempio, in fatto di minimalismo ed intensità). Ottimo lavoro, questo “Summoning the realm of pain”, devoto a sonorità già sentite e risentite ma capace di non stancare l’ascoltatore attraverso quattro pezzi che denotano ottime idee ed intenzioni: “Heretic Dogma” brilla per la sua continuità, “Blood stained guilt” si rivela una gemma di enaudita violenza, ed il lavoro non segnala punti deboli particolari. Forse il materiale è quantitativamente poco, a causa della scarsa durata della demo, ma per il futuro, gli Havok potrebbero rivelarsi una delle tante stelle nere dalle quali il nostro paese è cosparso. |