Hatesphere – Sickness within

Ormai è un fatto: il thrash ha cambiato di casa. Via dalla Bay Area, dove gli Exodus sono rimasti praticamente da soli a sventolare il vessillo della cattiveria, il figlio più bastardo dell’intera famiglia metallica ha saltato il fosso dell’Atlantico ed ha piantato saldamente i suoi artigli nelle gelide terre della Scandinavia. Lo testimoniano dischi recenti, come l’ottimo Layers of Lies, uscito l’anno scorso dalle corde degli svedesi Darkane, lo testimonia a maggior ragione questo ultimo rocciosissimo lavoro dei danesi Hatesphere. “Sickness within” è un album feroce, potentissimo, tecnicamente impeccabile. Col quale la band capitanata da Jacob Bredahl riesce persino a liberarsi del suo vizio peggiore, l’eccessiva monotonia, che aveva offuscato i precedenti capitoli della saga e in particolar modo il recente “Ballet of the brute”. Questo “Sickness Within”, in funambolico equilibrio tra il groove poderoso degli ultimi Testament e la precisione adrenalinica dei primi Soilwork, si rivela invece un disco assolutamente entusiasmante. Jacob Bredahl, in forma smagliantissima, aggredisce l’ascoltatore con ruggiti di cui il maestro Chuck Billy andrebbe fiero, e, per i rari momenti melodici, sfodera una timbrica pulita di tutto rispetto. La sezione strumentale fa da perfetto contrappunto alla prestazione istrionica di Bredahl, tritando riff su riff a velocità folle senza che questo influisca sull’ incedere granitico dei pezzi o renda mai noioso l’ascolto. E se nella seconda parte del disco si registra un leggero calo qualitativo, questo è perfettamente scusabile, perché i primi brani sono tutti perle da antologia: The Fallen Shall Rise in a River of Blood, Reaper of Life, la title track e The Coming of Chaos, autentiche mazzate sbricioladenti, non mancheranno di esaltare i kids più estremisti che rimpiangono gli antichi fasti della Bay Area ma non disdegnano allo stesso tempo sonorità più aggiornate ai tempi moderni. Palma d’oro del lotto all’opener “The White Fever”, lezione contemporanea di thrash bastardo in salsa southern che i Beni Culturali danesi dovrebbero assolutamente mettere sotto tutela. Altro che i Virus degli Hypocrisy: con questi Hatesphere si rischia davvero di star male. Colpiti dalla loro Sickness Within, a spaccarsi la testa a forza di headbanging contro il muro di camera può volerci davvero un attimo.