Hainloose – Rosula

La storia dei Kinch è paragonabile al copione di un film: in maniera più o meno voluta, è stata manipolata e resa ricca di alti e bassi, avvincente come è raro che capiti ad una giovane formazione con meno di cinque anni di gavetta alle spalle. Ma a questi ragazzi, che nel 1999 non erano altro che dei debuttanti alle prese con uno split di debutto con gli Shard, è praticamente capitato di tutto: subito sulla cresta dell’onda per ciò che riguarda il successo, le buone intenzioni sono state prontamente rase al suolo da un forfait che era sinonimo di scioglimento. E come in ogni buon film, il colpo a sorpresa è stato imminente: il combo è tornato col nome Hainloose, annoverando dunque un cambio di monicker dopo soli quattro anni di – poco – onorata carriera e, coadiuvato dal supporto della teutonica Elektrohasch, ha provato subito a risalire l’abisso in cui, per ragioni assai oscure, era stato scagliato. Ed i cinque componenti dell’ ensemble si sono presentati nel peggiore dei modi, con una “Man and buduh” che, aprendo l’ ellepì “Rosula”, pare rubare il riff portante direttamente da uno dei pezzi del miracoloso “Coping with the urban coyote” degli Unida, e che nell’ integrità del suo massiccio Heavy-Rock sembra stentare a prendere il volo. Ma poi succede qualcosa, scatta una invisibile molla e le cose sembrano rimettersi prontamente al loro posto: “Rosula” si rivela un più che discreto lavoro Heavy-Rock, dove i buoni intenti sono seminati soprattutto dal duo di chitarristi formato dalla coppia Haris-Mario, il cui prodotto è corroso da riferimenti al Bluesy Rock mai sgraditi e resi interessanti dal costante supporto offerto dalla sezione ritmica, in cui il quattro corde di Rico, assieme a quello di Sead, non fallisce un sol colpo. Cotanto affiatamento è dovuto al mistero: sinceramente, il macchinario Hainloose non presenta falle, rimane coi piedi per terra anche a causa dello spersonalizzato e piatto stile vocale del succitato Haris, ma lancia in cielo pesanti sorprese come la presenza in line-up di ben due bassisti, una graniticità media dei pezzi che rimane decisamente alta pur essendo presentate, di song in song, molteplici variazioni, ed un costante influsso di groove che, in refrain immediati e cavalcate dirette e mai tentate da fughe psichedeliche come ne nascono ovunque, trova pane per i propri denti. “Rosula” è piacevole ed ammaliante, suonato col cuore e con l’anima… ma il cammino, pur essendo ad un punto cruciale, è ben lungi dal vedere gli Hainloose (ex Kinch) raggiungere l’obiettivo che naturalmente si saranno posti in testa anni fa. L’ importante, per ora, è che questi ragazzi sono riusciti a debuttare. Onorando tutto ciò che di buono si era detto di loro in premessa…