God bless the Metal fes

Cirò Marina, provincia di Crotone, Calabria… ma dico, avete idea di dove si trovi?!? A culopoli (culopoli = espressione idiomatica che dalle mie parti allude ad una locazione alquanto sperduta e isolata dal mondo)!!! Ben otto ore e mezzo di viaggio, ma tra mille dubbi e ripensamenti, alla fine mi sono decisa a partire. All’avventura su un furgone affittato con altri sette amici, a tarda sera ci siamo decisi a partire diretti verso la punta dello stivale, arrivando a destinazione verso le otto di mattina. Praticamente zombi, ci siamo messi alla ricerca di un bar per farci qualche 0,2 di caffè concentrato e risvegliarci dal coma, ma… il nulla. Non c’era un bar aperto nel giro di chilometri! In ogni caso, dopo tanta ricerca siamo riusciti a trovare un bar = caffè e a risuscitare almeno in parte dal sonno mortifero e dai dolori (causa lividi contratti sui sedili). Lo spettacolo naturale calabrese era incantevole: il concerto è stato organizzato sul lungomare, il palco montato sulla spiaggia e orientato verso il mare… E la sottoscritta con 7 amici annessi, da brava turista, si è catapultata sulla riva armata di costume, crema solare e dopo-sole, telo da mare, borsa frigo con bibite e cibo, e quant’altro si adatti ad una vacanza marittima. E così, spalmata sulla riva a prendere il sole, ho aspettato l’ora del concerto. L’orario d’inizio era previsto per il tardo pomeriggio, così, perché non godersi le bellezze del luogo? Ma, una sola parola: Africa!!! Il sole ha picchiato assassino per tutto il giorno, senza un attimo di tregua, con la conseguenza che, meraviglia delle meraviglie, ho assistito ad uno spettacolo inedito: metallari pallidissimi e per definizione amanti delle lande nordiche, con tanto di anfibi e armamentario borchiato, che a frotte si fiondavano sulla riva del mare e facevano il bagno (costumi rigorosamente neri, s’intende)!!! Così, quando alle 7 circa il concerto ha avuto inizio, la metà del popolo metal convenuto sulla riviera di Cirò, era immerso beatamente nelle acque marine. I primi a salire sul palco sono stati tali HANG OVER, fautori di un thrash metal-core molto, ma davvero molto Pantera style, era “Vulgar Display Of Power”. Nota di merito al bravo cantante e alla sessione ritmica, alle prese per lo più con tempi cadenzati, ma di sicuro effetto. Un’esibizione energica e potente, senz’altro positiva, anche se, ripeto, troppo debitrice al sound di Phil Anselmo&soci, e quindi nient’affatto personale. E’ toccato poi agli SKYGRAVE, che curiosamente condividono con gli Hang Over il cantante, e ancor più curiosamente propongono un genere musicale molto affine alla band “cugina”. Sempre di thrash metal-core si tratta, ma stavolta più veloce e molto più brutale. Un assalto feroce, a tratti grind-core, e comunque piuttosto ben riuscito. Dopo gli Skygrave è stata la volta dei SOTHIS, che, fautori di un thrash-death metal tecnico e insieme d’impatto, la cui dimensione congeniale è quella live, si sono fatti apprezzare particolarmente da un pubblico che per l’occasione ha abbandonato l’acqua del mare ed è accorso indiavolato e saltellante sotto il palco. Ciliegina sulla torta è stata poi la scelta di proporre la cover dei Necrodeath “The creature” in chiusura, devastante. Dopo l’esibizione dei Sothis il livello qualitativo cala un po’ con i deathster DARK SECRET, che, pur suonando senza errori e sbavature, mi sono sembrati decisamente poco coinvolgenti, un po’ fiacchi e sotto tono. La proposta musicale dei Dark Secret è facilmente inquadrabile come death metal americano old school, suonato per benino e secondo copione, ma senza un briciolo di originalità, pena uno sgradevole effetto deja vù. Dopo i Dark Secret il festival cambia pelle con la salita sul palco dei goth-rocker LOST REALITY, che mi hanno gradevolmente sorpresa con la loro proposta soft e poco metal sì, ma piuttosto coinvolgente e di facile presa emozionale (a presto la recensione del demo). Lo stile dei Lost reality si pone sulla scia dei Paradise Lost era post “One second”, pagando ovviamente il suo debito ai soliti Depeche Mode, ma risultando anche abbastanza personale nella resa complessiva. Piacevole conoscenza! Dopo i Lost reality si cambia di nuovo registro con i melodic blackster INFERNAL ANGELS, che si presentano sul palco con tanto di face painting (e ci vuole molto coraggio credetemi, vista la temperatura equatoriale). Ho avuto già a che fare con loro in sede di recensione (vedi nella sezione demo), giudicandoli in quell’occasione ancora acerbi e poco convincenti. E il mio giudizio resta più o meno lo stesso dopo aver assistito alla loro esibizione, anche se devo dire che dal vivo guadagnano molto in potenza ed impatto. In particolare il cantante, che, rispetto al demo, guadagna in precisione e definizione. Punto debole resta il batterista, che, con un drumming poco agile e troppo statico, appesantisce e fiacca la proposta musicale della band, già di per sé derivativa e poco originale nel riffing di chitarra. Purtroppo non posso riportare l’esibizione dei MEMORIES OF A LOST SOUL, perché a quell’ora il mio stomaco ha iniziato a ribellarsi supplicando che gli procurassi del cibo con urgenza… E così, dopo un’esperienza terrorizzante con centinaia di esemplari di “scarafaggio calabrese” – ma ce n’erano anche negli autogrill pugliesi – era tutto invaso!!! – sono marroni, della grandezza di un dattero secco, e per lo più kamikaze!!! A tratti si alzavano in volo per poi suicidarsi su di noi (Paola, ma dove diavolo sei stata??? n.d. Marco “Dark Mayhem” Belardi)! Un incubo. – sono tornata alla mia postazione di reporter sotto il palco, ma angosciata e sospettosa nei confronti di ogni cosa scura e mobile della grandezza di 3-5 cm… Appena tornata hanno iniziato a suonare i DARK SHINE, che, insieme a Sothis, My sixth shadow e Glacial fear (di cui dirò a breve), sono stati tra i migliori gruppi della serata. Autori di un black metal sopraffino e insieme feroce, i Dark Shine mi hanno piacevolmente stupita con le loro melodie malsane e conturbanti, merito soprattutto delle tracce di tastiera, maestose e tetre, in perfetto stile Emperor di “In the nightside eclipse”. E poi, come non citare la cover dei Satyricon “Mother North” in chiusura? Capaci, precisi e ispirati: ottimi, davvero ottimi. Dopo i Dark Shine è stata la volta dei romani MY SIXTH SHADOW, per i quali non nutrivo grosse speranze, dato che ciò che avevo ascoltato della loro produzione in precedenza non mi aveva convinto a pieno. Forti di un immagine d’effetto (complice un look molto effemminato..), i nostri salgono sul palco e si presentano come band rock&roll, mettendo così a tacere ogni eventuale rimostranza da extreme-metaller. Volendo descrivere meglio la proposta musicale della band, basta dire che è, se non praticamente identica, quasi, a quella dei più famosi HIM. Rock passionale e romantico, vicino attitudinalmente al glam, ricco di ritornelli d’effetto, commerciali e facili sì, ma sempre molto ispirati. Dal vivo poi la base strumentale della band capitolina guadagna tanto in energia e impatto, qualità che lasciavano un po’ a desiderare su disco. Tocca poi agli headliner della serata, i GLACIAL FEAR, che descrivono la loro proposta come extreme bastard metalcore, e la definizione rende davvero bene! Un muro sonoro pesantissimo, fatto di ritmiche thrash dalle inflessioni hardcore, stop&go mozzafiato e riffoni abrasivi. Voce al vetriolo, rabbiosa, secca e indiavolata, che mi ha ricordato il timbro del singer degli Hatesphere, tanto per rendere l’idea. I nostri ci sanno fare davvero, e lasciano intendere di aver parecchi anni di esperienza alle spalle, vista la padronanza dello strumento e la disinvoltura esecutiva sul palco. Un’esibizione davvero energizzante, solida e massiccia, ottima (a presto la recensione del disco). E dopo i Glacial fear è ora di andare a nanna… si son fatte le due di notte e la prospettiva di dormire all’aperto in compagnia dei “paponi” (= scarafaggi, nel mio dialetto) kamikaze non è di certo allettante, così decidiamo di tornare sul furgone e ripartire subito per casa. Una notte insonne, otto ore di viaggio da incubo (ho sognato ripetutamente che i “paponi kamikaze” si fossero infiltrati nel furgone), ma ne è valsa la pena. Peccato per il secondo giorno del festival, ma davvero non potevamo permetterci il salato affitto del furgone per un altro giorno ancora. Il mio giudizio complessivo sulla prima giornata del GOD BLESS THE METAL FEST è senz’altro positivo, e bisogna pure sottolineare come si trattasse di un festival esclusivamente underground, che ha avuto la forza di imporsi senza vantare grandi nomi nel bill. Eppure tutti i gruppi (chi più, chi meno) si sono dimostrati all’altezza della situazione: un po’ sotto tono DARK SECRET e INFERNAL ANGELS; buoni, ma da “personalizzare” HANG OVER e SKYGRAVE; bravi davvero i LOST REALITY; un plauso a SOTHIS, DARK SHINE, MY SIXTH SHADOW e GLACIAL FEAR, senza dubbio le band migliori della giornata.