Fortiis – Fortiis

Dal solare capoluogo della Sicilia arriva un dischetto che paradossalmente sembra essere stato riesumato dall’ ’89/’90, o almeno partorito in quegli anni infami nelle boscose lande norvegesi, tanto è marcio e sinceramente old style. Non posso riferirvi praticamente nulla a proposito dei Fortiis, biograficamente parlando. So soltanto che si tratta del progetto personale di tale Fortiis, che per l’occasione della registrazione del presente sembra essersi occupato di tutto. Dunque zero notizie e niente formalità, soltanto un prodotto estremamente valido e sostanzioso che parla da sé, senza bisogno alcuno di presentazioni. Una copertina inquietante ci introduce nel mondo malsano targato Fortiis, che si concretizza musicalmente in una forma primordiale di black metal, quella che i veri estimatori reputano a ragione l’unica autentica incarnazione della nera arte. Si inizia con “Wood black run”, che, se dapprima si insinua nascostamente sotto forma di un sinistro intro, subito esplode maestosamente in un giro di chitarra dalla bellezza d’altri tempi. Ed ecco che immediatamente mi sono ritrovata persa a galleggiare beata nei meandri bui e irrazionali del più viscido black metal d’annata DOC . Mi riferisco in particolare a quanto di meglio ha partorito madre Norvegia tramite i suoi due pargoli Darkthrone e Burzum. Fortiis infatti, tramite sei brani di eccelsa caratura e, è stato magistralmente capace di resuscitare nella sottoscritta tutta la sopita magia di album quali “Panzerfaust” e “Transilvanian Hunger” dei seminali Darkthrone, nonché “Burzum” e “Det som engang var” del caro conte. E sfido chiunque a ripetere la magia oggi come oggi. Questo dischetto bastardo invece ha davvero tutto per essere un vero gioiellino da custodire gelosamente, non manca di nulla. Un sound grezzo e animalesco, una registrazione impastata e rozza, ma perfettamente intelligibile, e su tutto un talento a dir poco illuminato che regna sovrano. Un plauso in particolare alle trame chitarristiche che si intrecciano sciorinando armonie pungenti e penetranti, dalla bellezza davvero incontestabile. Sentire il riff d’ingresso di “Faithfull human oblivion” per credere!!! Avevo quasi le lacrime agli occhi!!! Oppure il giro di chitarra che fa da tappeto al “ritornello” in cui il nostro Fortiis canta/gracchia “…so fuckin’ wild…”!!! E potrei citarli praticamente tutti… Mi permetto solo un consiglio: quello di migliorare un po’ la resa vocale, troppo confusa e caotica, gracchiata, come dicevo, più che effettivamente screaming. Ma queste sono inezie… L’ alone malsano di cui questa perla nera è intrisa, e l’emozione selvaggia e vertiginosa che riesce a scatenare sono semplicemente fatti; e come tali assolutamente irrazionali e inspiegabili a parole. Tanto meno potrei tentare di convincere un lettore all’asciutto da tali sonorità, dilungandomi su che cosa significhi esaltarsi per un prodotto che tecnicamente ha del ridicolo, e via dicendo. Sarebbe una sterile perdita di tempo. Insomma: a buon “lettore” poche parole. Chi davvero ha sperimentato la sublime ebbrezza del black metal che fa accapponare la pelle, contatti questo ragazzo siciliano. Complimenti davvero, con inchino.