Seguo i Forlorn sin dal loro esordio, datato 1996 ed oramai tanto distante nel tempo quanto nei concetti che, assunti allora dal sound della formazione in questione, sono stati nel corso degli anni stravolti da una serie di dischi che ha prima portato la band all’ apice delle sue possibilità con “The crystal palace” per poi attuare un processo di evoluzione / involuzione che vede come ultimo parto il discutibile “Hybernation”. Francamente, adoravo questa band quando la scoprii tramite “Ragnarok”, pezzo contenuto sia nell’omonimo EP di debutto che nel successivo lavoro: un Black metal melodico dalle tematiche Viking che, più che avere a che fare con i blasonati Enslaved, riportava alla luce gli stilemi coi quali i Dimmu Borgir, nel periodo fra il 1995 ed il 1997, dettavano legge in tale ambito. “Opus III” del 1999 mi aveva già fatto traballare ed inveire contro le scelte per le quali Alvarin e soci avevano optato con una saggezza pari allo zero assoluto: mentre gli ‘…And Oceans’ e tanti altri combo scandinavi iniziavano ad importare ingenti quantità di elettronica nei propri schemi sonori, creando scalpore fra le masse – come se l’elettronica fosse un dono divino che pochi possono utilizzare – ecco che i Forlorn non si sono chiamati fuori dal gioco. Il tutto viene portato avanti tramite “Hybernation”, disco dal titolo leccato quanto basta per far capire a chi ascolta che “I Forlorn fanno oramai parte di quel movimento pseudo-avantgarde che in realtà non inventa proprio nulla” : tastiere torrenzialmente apportate sia in accompagnamento che sulle linee principali per mano di Iego e della sua effettistica – peraltro la stessa che Dimmu Borgir ed ‘…And Oceans’ usavano ai tempi di “Enthrone darkness triumphant” e “The simmetry of I the circle of 0” – , vocalizzi spompati e mal esposti dalla scialba interpretazione di Dolgar, ed un disco che non punge, che rinuncia quasi totalmente alla velocità dirompente degli esordi – nonostante qualche ruffiana accelerazione in “Stigmata damnation” e poco altro, e che fa dell’ atmosfera il proprio Credo innegabile, nonchè l’arma a doppio taglio usata senza diligenza alcuna. Un brutto disco, francamente il peggiore fra i quattro sinora realizzati dai Forlorn, e speriamo che i ragazzi se ne accorgano al più presto.