Forest of shadows – Departure

Questa dei Forest Of Shadows è un’opera prima, e dell’ opera prima ha tutta la foga e la selvatica genuinità. ‘Departure’ segue a tre anni di distanza il mini ‘Where Dreams Turn To Dust’, rilasciato dall’ intelligente, ma sfortunata (perché fallita), Rage Of Achilles Records. Il mini ospitava un violino spigoloso e un flauto solitario. ‘Departure’ abbandona questi compagni di viaggio e si denuda – letteralmente si spella – fino a rimanere carne e sangue. Quel che resta sotto la pelle è un tessuto umano vivo e pulsante. Livido e tumefatto, scorticato e dolorante come una ferita aperta. Timido e taciturno, ‘Departure’ è un discorso intimissimo condotto con se stessi. Sussurra confessioni che malcelano fragilità emotiva, e lo fa parlando il linguaggio dei My Dying Bride di ‘Like Gods Of The Sun’, attutito e stilizzato dal filtro di ovatta elettronica fornito dagli Antimatter. La voce di Niclas Frohagen è lamentosa: nella sonnolenza recita litanie sommesse, ma quando la rabbia del contesto musicale lo richiede, esplode nel ruggito crudele del miglior Aaron Stainthorpe (My Dying Bride). Le tracce sono solo cinque, ma esplorano il tempo dilatandolo, senza annoiare. Quest’ ultimo è un dato significativo e reclama lodi, perché costruire brani su strutture scarne ed innegabilmente monocrome troppo spesso equivale a tediare. Niclas Frohagen invece riesce ad ammaliare l’ascoltatore e a sedurlo con i suoi lenti funerali. Operazione notevole.