Gli Enthroned celebrano i loro primi dieci anni di carriera con “Carnage in worlds beyond”, quinta release discografica effettiva, settima se consideriamo anche l’EP “Scared by dark winds” ed il disco celebrativo “Regie Sathanas”, tributo effettuato dalla band stessa nei confronti del defunto Cernunnos, ex batterista e compositore della band. Tuttavia, si immagina che quando una band si appresta a celebrare traguardi di tale calibro, essa vi giunga mediante qualcosa di speciale. Naturalmente, ciò è stato fatto, ma nella maniera sbagliata: gli Enthroned faranno uscire “Carnage in worlds beyond” in un’edizione limitata con bonus tracks, ma il chaos ruotante in questi giorni ha formato una fitta coltre di nulla che, sinceramente, ha fatto non poco calare l’interesse ed il numero di voci circolanti attinenti al lavoro in questione. La promozione nei confronti degli Enthroned è stata pressochè nulla, come lo è da quando la notizia di Cernunnos non fa più scalpore, e da quando la formazione di Sabathan e Nornagest non riesce più a mettere a segno i colpi discografici che l’innesto compositivo dell’ex batterista gli procurava. L’annuncio della release di un EP intitolato “Goatlust” è stato prontamente ritirato sul sito ufficiale del combo belga in termini di “problemi tecnici”, ed è così che, all’improvviso, si viene a conoscenza dell’esistenza del nuovo disco degli Enthroned, lavoro con il quale essi celebrano dieci anni di attività dinanzi all’indifferenza di label e media del settore. Complimenti. Tuttavia, per chi ancora fosse interessato di questa band apparentemente dimenticata dal mondo ed autrice – anni fa – dei capolavori “Prophecies of a pagan fire” e “Towards the skullthrone of Satan”, “Carnage in worlds beyond” si presenta come una sorta di bugia. Sabathan aveva ribadito più volte, sia attraverso il sito ufficiale che parlandone con me su Internet, che dopo “Armoured bestial Hell” avrebbero ripreso campo gli Enthroned della vecchia scuola, ovvero quelli legati ad un black gelido di derivazione norvegese che mi avevano fatto innamorare di questo nome attraverso le prime due releases. Nonostante ciò, “Carnage in worlds beyond” si presenta come l’ideale continuazione logica del nuovo corso intrapreso dalla band mediante la produzione del suo terzo nero sigillo discografico, “The apocalypse manifesto”, disco che considero anche il meno ispirato fra quelli che sinora hanno visto la luce sotto l’egida dei blackster dei quali fece parte anche il chitarrista Nebiros. In poche parole, abbiamo di fronte un black metal violentissimo, controllato nella sua trascinante furia, e correlato dal continuo appoggio di riffs di matrice Thrash. E’il caso di “Diabolic force”, dove la faccenda si fa esplicita fino al limite consentito, ma tale condizione si ripete su tutto l’arco di durata del lavoro, esprimendosi elegantemente su pezzi come “Boundless demonication” o “Infernal flesh massacre”. Da segnalare anche l’innesto dietro alle pelli del batterista Alsvid, francese proveniente dai celebri Seth, e rimpiazzante Namroth Blackthorn, drummer che non posso di certo rimpiangere per la sua scarsissima prova offerta sullo scorso “Armoured bestial Hell”. Raffrontandolo a quest’ultimo, “Carnage in worlds beyond” si presenta come un lavoro lievemente superiore ad esso, brillante per omogeneità a dispetto di esso, dove comparivano solo sporadiche perle come “Wrapped in fire”, peraltro circondate da una nube di songs dal carattere riempitivo e qualitativamente scarno. Spazio per le rappresentazioni storiche viene dato nell’ennesima semi-suite, “Graced by evil blood”, pezzo lento che riporta in parte alle atmosfere di episodi come “Hertogenwald” o “When Hell freezes over”. Ancor graffiante ed efficace è il cantato lacerante di Lord Sabathan, decisamente migliorato rispetto alle prove offerte sugli ultimi due dischi in studio, e supportato da una sezione ritmica ottimale alla quale non giova di certo l’orrendo guitar work proposto nella solistica da Nornagest (che sia l’ora di richiamare Nebiros?). Un buon disco, a dispetto delle scarne release alle quali il black ci sta recentemente abituando – o costringendo – , ma non un episodio fondamentale per i neofiti del settore.