Dominion III – Life Has Ended Here

I Dominion 3 nascono nel ’98 ad opera di Tharen (Dargaard, Amestigon, Abigor), con il nobile scopo di dar vita a uno stile musicale diverso e innovativo, a qualcosa di veramente originale, come evidenzia il debutto del 2000 “The Hand And The Sword”. Oggi i Dominion 3 tornano con “Life Has Ended Here”, regalandoci un piccolo tesoro nero, che si presta ad essere interpretato e capito a fondo solo dopo più ascolti. Questo CD farà la gioia di quei pochi (me per prima) “metallari” open minded che, stufi della solita brodaglia, vanno ad abbeverarsi alle impure acque dell’elettronica. Chiunque straveda per i Prodigy, o, in ambito più affine al metal, adori i Samael di “Eternal”, gli Ulver di “Themes from…”, i Plasma Pool, gli Aborym di “Fire Walk With Us”, non può per nulla al mondo perdersi questo gioiellino perverso, fatto tutto di campionamenti, effettistica varia e danzereccia, contaminazioni e ritmi jungle… il tutto “sporcato” con grida graffianti e distorte. Questo disco è un viaggio nella mente del suo creatore, che dà voce alla sua anima senza preoccuparsi di risultare poco commerciale. Tharen si avvale inoltre del preziosissimo contributo vocale di Elisabeth Toriser (Dargaard) che, con la sua voce eterea, ma allo stesso tempo quasi inquietante (simile alle female vocals su “Themes from…” degli Ulver), rende ogni brano un capolavoro. Un plauso particolare va alla iniziale A Dead Heart In A Dead World (dotata di un “ritornello” che non può assolutamente passare inosservato), alla title track (ipnotica) e a Conductors Of Live (più ritmata e molto Depeche Mode con le sue cupe e ossessive clean vocals maschili). In ogni caso la vera perla dell’album è The Priests Of Emptiness che, in chiusura, ci regala una delle più belle melodie vocali (merito di Elisabeth Toriser) che si siano sentite negli ultimi tempi. Credo inoltre che Life Has Ended Here sia accessibile anche ai “non praticanti” del mondo techno-elettronico, in quanto impregnato di melodie di fondo orecchiabili e facilmente assimilabili. Consiglio quindi questo disco a tutti (anche se è per pochi…): provate per una volta ad andare oltre i soliti stereotipi, osate, stavolta ne vale proprio la pena!