Toh, chi si rivede, i Disharmonic Orchestra… avevamo perso ogni traccia del combo austriaco dal 1994, anno di pubblicazione (sempre per il colosso Nuclear Blast) del terzo disco “Pleasuredome” e adesso, dopo ben otto anni di “esilio” dalla scena metal, il terzetto torna con un lavoro per definire il quale mi viene in mente una sola parola: “spiazzante”. Sembra infatti che i Disharmonic Orchestra si siano quasi del tutto dimenticati del Death che suonavano ormai una decade fa, e ci propongono quindi un lotto di canzoni che hanno davvero poco a che fare non solo con la musica estrema, ma col metal in generale, almeno per come viene inteso nel senso comune. C’è da dire che nell’economia delle linee strumentali il trinomio chitarra-basso-batteria, anche se usato in maniera “non convenzionale”, gioca ancora un ruolo di primaria rilevanza, ma viene abilmente miscelato con una grande varietà di suoni sintetici che, sebbene siano in secondo piano, arrichiscono le composizioni rendendole addirittura più singolari di quanto già sono. Le linee vocali urlate dal canto loro, anche se difficilmente accostabili ad un particolare stile, sono forse l’unico punto in comune coi primi dischi (assieme ai sufficientemente potenti suoni di chitarra) ma, ahimè, sono anche uno dei punti deboli del presente lavoro in quanto, secondo il sottoscritto, sarebbe stato più appropriato un cantato dal timbro più melodico ed in qualche modo più caldo ed orecchiabile, in accordo con la natura di basi strumentali votate ad una sperimentazione armonica di chiara ispirazione post rock. La grande originalità nella struttura di tracce come “Supervision” è assolutamente inopinabile e meritoria e a volte ha il grande pregio di essere non forzata e piacevole all’ascolto, ma in molti altri episodi i Dishamonic si fanno calcare un po’ troppo la mano, con l’effetto di partorire canzoni come “nine9nine”, dotate di alcune idee e suoni interessanti (ne sono un chiaro esempio le splendide linee di basso) ma composte secondo un’ottica che dà più importanza alla particolarità a tutti i costi piuttosto che alla creazione di una piacevole forma-canzone. Nonostante ciò non mancano tracce davvero belle come la ritmata “Keep Falling Down”, la quasi demenziale “Grit Your Teeth” nonché le veloci “Pain Of Existence” e “If This Is It, It Isn’t It, Is It?”, episodi isolati ma dai quali viene finalmente fuori il retaggio Death Metal del gruppo. Il presente “Ahead” è sicuramente più degno di attenzione di molte insipide uscite che ogni settimana tempestano i negozi di dischi, ma lo considero un lavoro riuscito solo per metà, un buon disco di transizione da cui i Disharmonic Orchestra potranno partire per modellare lavori più maturi. Un ultimo cenno va dedicato alla azzeccata copertina, un’immagine che rende perfettamente l’idea di quali siano lo stile e l’ironica attitudine della band.