Defiance – Product of society

I peggiori difetti della società, le peggiori problematiche. Il tutto raccolto nelle note di un disco furioso che, nelle tematiche, ne segna le coordinate con pennellate indecise e chaotiche. Stanchi di quello che, oggi, Steve Esquivel produce con la sua fallimentare creatura Skinlab, affabile macchina di denaro e di successo ma autrice di dischi che – sinora – non hanno mai ampiamente superato la sufficienza? Puntate sui Defiance, la sua vecchia band. Tuttavia, il disco di cui sto per parlarvi, peraltro la loro migliore gemma discografica, è “Product of society”, il debut album nel quale militò l’abile ma spersonalizzato singer Ken Elkinton. 1989: difficile immaginare qualcosa che non derivasse dal Techno-Thrash. E così fu. “Pleasures of the flesh” degli Exodus e “State of euphoria” degli Anthrax influenzano pesantemente questo lavoro, gettando nel chitarrismo preciso di Doug Harrington e Jim Adams facili rimembranze relative al vecchio e recidivo Scott Ian, oggi perso in un barlume di modernismi e di indecisioni. Degli Skinlab non c’è traccia: puro Thrash metal ispirato al cento per cento alla miniera compositiva della Bay Area, vivace come solo da tale zona il Thrash sapeva provenire, e distante anni luce dalle seriose interpretazioni di Testament o Metallica. Oltretutto, “Product of society” si propone anche come un lavoro immensamente maturo, per essere un debutto assoluto: il batterismo di Matt Vander Ende disturba quasi per le insistite linee di doppia cassa, si rivela un po’scarno sul drum set, ma pur sempre preciso e marcato; dominano le chitarre, e pezzi come “Death machine” o “The fault” costruiscono i tasselli di base di quello che si rivelerè essere, complessivamente, un disco affiatato e ben amalgamato nelle sue parti. Spazio all’oscurità viene concesso all’introspettiva “Forgotten”, o meglio alla sua dispersiva e particolare fase iniziale. La lacuna emergente dalla mancanza di spessore e dall’eccessiva similitudine fra svariati pezzi incide in negativo sul responso finale, ma se volete del buon Thrash sincero, “Product of society” potrebbe fare al caso vostro.