Decadence – Theatre of eclipse

Ambizioso progetto, quello dei Decadence, band torinese da poco giunta al debut album tramite questa singolare e sperimentalissima autoproduzione di metal estremo. I rami sui quali la band si appoggia sono tanti – sotto certi aspetti sin troppi. Il genere proposto, definito dal quintetto come Obscure metal, non è affatto qualcosa di propriamente nuovo, ma tende a mescolare a regola d’arte correnti già esistenti come death metal, progressive, gothic e, in minima parte, una piccolissima parte di black metal, specie per quanto concerne il legame – forte – col lato più sinfonico del settore in questione. Esemplare è la struttura del disco, suddiviso in otto parti fra cui intro-outro, movimenti ed interludio, come previsto dai dettami standard delle suite classiche. Il tutto, non a caso, segue un filo conduttore ben preciso, sia musicalmente che in fase di contesualizzazione, in quest’ultimo caso in relazione ad una teoria paranormale legata al fenomeno dell’eclisse. Validissimi sono i testi, come è stato ottimo il lavoro relegato all’artwork. Ma passiamo, come di consueto, all’analisi musicale dell’operato dei Decadence. La band, formata da ex membri di bands provenienti da contesti stilistici completamente diversi, mi aveva fatto presagire sin dal pre-ascolto che mi sarei trovato dinanzi ad un qualcosa di originalissimo. “Theatre of eclipse” è un disco da ascoltare tutto d’un fiato, seguendone i rigori logici, carpendone ogni singola ed importante sfumatura. La difficoltà di fondo che l’ascolto di un disco come questo può scaturire è quantitativamente ampia, ma la proposta è valorosa: decadentismo torrenziale, sprazzi di My dying bride legati al gothic-black già avvertito – nella penisola – da band come Andark o Adversam, ripartenze ritmiche assimilabili, per accordature delle chitarre e tonalità relative, al death metal europeo (non mi riferisco affatto a quello melodico svedese), ottimi intermezzi pianistici (operati da Kyrion), per certi versi vicini a quelli di Steinard Sverd Johnsen (Arcturus, The Kovenant), ed una ampia visione del campo musicale. La perizia tecnica è eccezionale, specie per quanto riguarda il drumming di Vitriol, chirurgico in precisione per l’utilizzo della doppia cassa, micidiale sui piatti, un po’meno sul drum set. Progressive, le trame, mai scontate, e forse talvolta rovinate dall’eccessiva ricerca del non-sentito. Tuttavia, la proposta dei Decadence è espressivamente ottimale, consigliata a chi cerca soluzioni non scialbe o dotate di scarsa originalità, ma dura da digerire per la mancanza di parti prettamente dirette e scarna sul piano dell’impatto. Il valore di questo disco varia in base all’ascoltatore, ma considerandone la proposta, il primo impatto con la carriera discografica, per i Decadence, è considerabile ampiamente sufficiente.