Giunge dal Piemonte questo demo dei Cold Void, formazione a quattro sulla quale non posso offrirvi notizie biografiche e discografiche vista la mancanza di bio allegata al cd in questione.
In ogni caso la musica dei Cold Void parla da sola, e anche piuttosto bene bene, senza bisogno di presentazioni. Si tratta di un black metal di ottima fattura, sostanzialmente immobilizzato su ritmi moderati e andanti, e lontano dalla foga “fast & furious” di certo black metal svedese, ad esempio. I Cold Void preferiscono puntare su un approccio riflessivo e ragionato, e riescono nel loro intento regalandoci almeno du brani davvero degni di nota: la title track e “Midwinter Awakening”. La prima song esordisce con un giro chitarristico lento e trascinato, accompagnato da rintocchi funebri e subito incattivito da una voce abrasiva e profondamente graffiante (molto vicina a quella del famoso vocalist dei Dissection). La resa è spettrale e quasi doomish, tanto da richiamare alla memoria certo depressive black metal targato Forgotten Tomb (per restare in ambito italiano) e Burzum. Depressive black dunque, intervallato però da sterzate stilistiche che vanno a scomodare il nome dei Carpathian Forest, specie in alcuni stacchi ritmici che spezzano la malinconia delle song dando loro un tocco più scanzonato e rilassato. Mi riferisco all’andazzo punk/rock&roll che si tocca con mano sulle ultime produzioni di Nattefrost e soci, e risulta tangibile anche nella proposta dei Cold Void, pur se solo in dosatissimi frangenti, nonché, ovviamente, nella cover dei Carpathian Forest “He’s turning blue”. Da segnalare l’ottima produzione che, pur se gelida e scarna, risulta pulita, potente e perfettamente intelligibile. Mi ha lasciata un pò perplessa invece qualche giro di chitarra un po’ troppo thrashy (quello in “Midwinter Awakening” ad esempio), un po’ insipido e fuori tema nel contesto in cui è inserito, in quanto va a stemperare quell’atmosfera malinconica e nebbiosa che altrimenti trasuda dalla musica dei nostri. Ottime e preziose nell’economia dei brani sono le discrete ed essenziali ricamature di synth, che regalano alle partiture chitarristiche quel quid di straniante e sinistro, che completa ed esalta alla perfezione la sofferenza che le chitarre da sole già suggerivano con forza. Nel complesso ci troviamo di fronte ad un demo ottimo, che esibisce un songwriting scarno ma efficace e realmente convincente (il giro portante della title track è memorabile!). Il problema è che il materiale proposto è oggettivamente troppo ridotto per permettere a chi scrive di sbilanciarsi nella votazione. Mi spiego: delle sei tracce elencate nella tracklist solo due sono brani effettivi (le due song sopra citate), ci sono poi un intro, un outro, una cover e una versione (cantata in norvegese, presumo) della title track. Dunque, quel che posso dire è che le due canzoni effettive sono davvero buone, ma per ora mi riservo di ascoltare qualcosa di quantitativamente più succoso per darmi ai festeggiamenti. E’ significativo comunque il fatto che l’ascolto di questo piccolo bocconcino nero sia riuscito da solo a scatenare nella sottoscritta una discreta e scalpitante aspettativa nei confronti del nuovo materiale della band… Attendo dunque notizie dai Cold Void.