Baltak – Macedonian war

Anno: 2003
Provenienza: Australia
Etichetta: Battlegod ProductionsTracklisting:

1 – Macedonian war
2 – Going to war
3 – Sick people
4 – We the Macedonians
5 – Now and forever
6 – World burning
7 – Filip of Macedon
8 – Unconcious
9 – The un greek barbarians

Sono passati otto anni dal bellissimo “Macedonian darkness and evil” che già ho trattato nella rubrica, un lungo lasso di tempo in cui altri dischi si sono succeduti senza però fare in modo che la sostanza sia cambiata: stavolta come allora l’argomento trainante è l’antica Macedonia con le sue crudeli battaglie, anche se il fulcro prima incentrato sul valoroso Alessandro ora si sposta sul celebre Filippo. Quello che ancora non capisco è questo forte e pronunciato attaccamento da parte della band per una leggendaria regione appartenente alla odierna penisola balcanica, stato che ben poco ha ed ha avuto a che vedere con la storia australiana. Ma mentre a noi viene lasciato il dubbio, i Baltak continuano monotoni a narrare della supremazia in guerra da parte delle truppe macedoni d’un tempo e, quel che è più grave, non in tono ironico bensì pieno di enfasi. Cosa – questa – che passerebbe in secondo piano se dal punto di vista prettamente musicale venissero raggiunti i livelli del primo disco… Le cose si mettono infatti male sin dall’inizio, quando invece del black caotico a cui ero stato abituato e che mi aveva viziato mi trovo un banalissimo black dall’attitudine thrashy che poco o nulla ha a che fare con le caratteristiche grazie alle quali vedevo il monicker Baltak come un marchio di fabbrica distinto ed originale; ma ciò che veramente è scandaloso è la stridula, inanimata, irritante e vergognosa voce del nuovo acquisto Avathalor, che sembra aver dimenticato cosa significavano i profondi scream per “Macedonian black and evil”. E’ con queste premesse tangibili dai primi secondi di riproduzione che il disco prosegue, pezzi che rimangano impressi o che almeno abbiano un significato a mio avviso non ce ne sono e ciò che più è importante, ovvero l’essenza del black come genere fortemente interiore ed emotivo, non traspare neanche in minima parte. In sintesi, il quarto capitolo degli australiani passa inosservato senza lasciar tracce di sé, vedi perché le idee sono finite, vedi perché ciò che di loro era riconoscibile ed interessante oggi è sparito, vedi perché colui che canta sembra un idiota.