Apeiron – Endternity

Dopo aver assaggiato le notturne melodie dei Compos mentis, ennesima prova dell’evidente mutazione attraversata dal death melodico nel corso di questi ultimi anni, giungo in contatto con gli Apeiron, formazione le cui origini sono germogliate nel lontano 1994 per poi dar atto ad una digressione che, attraversando heavy metal, hard rock, punk e thrash, ha visto la definitiva consolidazione solo nel vicinissimo 2001, grazie all’ingresso in line-up dello screamer Claudio Passeri ed alla produzione definitiva dei quattro pezzi che compongono “Endternity”, debut album di cui il quintetto può andar fiero, seppur con le dovute considerazioni. Lo stile proposto affonda le radici nello Swedish death di metà corso. Non sono coinvolte nè le digressioni death ‘n’ roll degli Entombed, nè le componenti death-thrashy melodiche tanto in voga oggi, in quanto gli Apeiron preferiscono optare per un tuffo nel passato diretto alla wave del periodo 1994-1996, considerando maggiormente dischi quali “Skydancer” dei Dark tranquillity, “Lunar strain” degli In flames (e quindi senza proporre alcun riferimento Maideniano palese) e “Gardens of greif” – “The red in the sky is ours” degli At the gates. Ritmiche martellanti, soventi inserzioni della tecnica del blast-beat, vocalizzi scream rimembranti lo Stanne del primissimo periodo (va ricordato che, prima di approdare nei Dark tranquillity, egli era un singer Black metal), un chitarrismo melodico, smussato, ma pungente per le incursioni – di Federico Lino e Filippo Dendena – su basi ritmicamente veloci e dinamiche. Un ottimo lavoro al songwriting, derivante sicuramente dalla lunga esperienza musicale del quintetto (per alcuni di loro l’esordio concertistico è datato 1995), ma appellabile anche all’affiatamento ed alla coesistenza fra i membri coinvolti. Rodolfo Rolando produce linee batteristiche mediamente semplici, sebbene vadano sottolineate la sua incredibile precisione e la sua tecnica, di stampo prettamente thrashy per le continue sferzate in “levare”. Il senso di malinconia che pervade il lavoro rimanda con particolarissimi cenni alla strana ricetta sonica degli Eternal tears of sorrow, in quanto vengono accostati abilmente potenza, atmosfera e melodia. Un trittico vincente a cui riservo le migliori lodi in relazione all’operato del succitato duo chitarristico, mentre è da migliorare la tecnica vocale di Claudio Passeri, bravo, dotato di un’ugola abile e dinamica, ma espressivo solamente nei pezzi più furiosi del disco a dispetto del senso di disagio che incede ogniqualvolta le sue liriche coincidono con l’avvento di momenti più claustrofobici e cadenzati. Un’altra nota da mettere in evidenza è la mancanza di un sound personale – già pervenuto in Italia in formazioni come quella dei fantastici Disharmonia Mundi – , in quanto i cinque abili musicisti tendono a rifarsi troppo ai primissimi Dark Tranquillity (escludendo l’efferatezza di quelli che produssero le demo che precedettero “Skydancer”) ed At the gates, senza troppe pretese di scatenare cadenze proprie e connotati personali. Un peccato a cui potranno rimediare col tempo e con le migliorie che solitamente esso porta. Per finire, tanto di cappello alla confezione: allegato al disco un cd-rom interattivo con biografie, sito internet ed artwork annessi per facilitare la promozione, da cui si deduce lo spirito professionale di cui gli Apeiron sono dotati. Un buon punto di partenza, continuate così, ma tenete conto di accorgimenti senza i quali il cammino futuro potrebbe risultare non fatale, ma comunque pericoloso.